Rovigo, 9 novembre 2011 - Quasi un centinaio di persone, in tutto il Nord Est. Tante sono le vittime della ‘banda del buco’. Ovvero tre persone artefici di una maxitruffa messa in atto ai danni di compagnie assicuratrici, finti poveri, evasori fiscali, ma anche di famiglie in buona fede. I tre truffatori lavoravano come agenti assicurativi per l’Unipol e facevano sottoscrivere polizze vita, dirottando però i premi sui conti correnti personali. Il tutto con la complicità del figlio di uno di loro, residente a Stienta. A finire dietro le sbarre, in seguito a una maxi operazione della Guardia di Finanza di Padova, sono stati Mauro Malachin, 49 anni, di Solesino (Padova) e Sergio Ferraresi (59), residente a Ferrara. Si trova ai domiciliari, invece, il figlio di Sergio Ferraresi, Luca, 37 anni, di Stienta. Sono ora chiamati a rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’appropriazione indebita, oltre che di falsità in scrittura privata e svolgimento di attività assicurativa in difetto di autorizzazione.


Gli strumenti del raggiro erano 41 conti correnti bancari, di cui solamente quattro erano quelli ufficiali autorizzati dalla compagnia assicuratrice Unipol. Questi erano i serbatoi dove i due ex assicuratori, Malachin e Ferraresi padre, con la complicità del figlio di lui, stientese, sistemavano il denaro ottenuto stipulando oltre 185 polizze irregolari per 96 persone truffate e premi sottratti all’Unipol per 5.500.000 euro.
 

Erano già finiti in tribunale per una causa civile milionaria i tre destinatari dei provvedimenti di custodia cautelare eseguiti dalle Fiamme Gialle di Padova per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, falso materiale ed esercizio abusivo della professione di agente assicurativo. A ottenere la custodia cautelare in carcere dei due ex assicuratori, firmata dal gip Paola Cameran, è stata il pm Federica Baccaglini. Luca Ferraresi, invece, è ai domiciliari nella sua casa di Stienta.


Nell'ambito delle indagini è emerso che tra i 96 risparmiatori truffati figurano molti evasori fiscali che investivano guadagni non dichiarati all’Erario in quelle che loro credevano essere polizze vita Unipol. O anche finti poveri, ricchi nella realtà e indigenti per le strutture sociali. Gente che, fingendosi povera non aveva scrupoli a chiedere la sovvenzione per gli studi dei figli o per la mensa scolastica, e poi investiva centinaia di migliaia di euro in polizze assicurative adducendo giustificazioni originali come l’aver ritrovato casualmente 200.000 euro nell’armadio del vecchio padre deceduto.

Tra le diverse storie vi sono quella di un idraulico di Ferrara che, in 26 mesi, ha investito 440.000 euro in polizze vita (tutti in contanti), dichiarando redditi complessivi di 8.000 euro nel 2007 e di 1.800 euro nel 2008 e quella di una coppia padovana (commerciante al dettaglio lui, coltivatrice di cereali lei) con redditi medi annuali complessivi pari a 12.500 euro che ha acquistato in moneta sonante polizze per 216.000 euro. ‘Chi la fa, l’aspetti’, viene da pensare in questi casi. Di sicuro, a chi aveva deciso di rubare allo Stato, non gli sarebbe potuto capitare di peggio. E per molti dei ‘truffati’ gli eventuali risarcimenti dovranno essere debitamente decurtati delle tasse, poiché frutto di evasione fiscale.