Rovigo, 15 agosto 2012 - L’ARGOMENTO è caldo, come l’estate che il Polesine sta attraversando. La siccità, l’afa, i fiumi in secca sono ormai oggetto di discussione da settimane non solo per le implicazioni dirette, produzioni agricole distrutte e persistenti difficoltà attese anche nei giorni a venire, soprattutto riferite al mondo che direttamente o indirettamente guarda all’agricoltura, ma anche perché i corsi d’acqua, nel passato molto più di oggi, sono stati elemento naturale fondamentale per la sussistenza delle popolazioni che hanno vissuto e vivono a ridosso dei due grandi fiumi che attraversano la nostra provincia.

L’Adige e il Po sono in sofferenza da settimane, il grande fiume in particolare ha raggiunto limiti di guardia inversamente preoccupanti rispetto alle grandi piene che da sempre hanno tolto il sonno alle popolazioni rivierasche. E il prossimo futuro non promette meraviglie. Caligola raggiungerà le regioni del nord Italia nei prossimi giorni, i polesani di fede politica padano – leghista, sia perdonata la battuta, sobbalzeranno pensando al nome di un imperatore romano che ha bruciato Roma accostato a un evento meteorologico che probabilmente il fuoco lo porterà nella beneamata pianura padana, ma tant’è, la moda mutuata dal nominare i cicloni americani è arrivata fino a noi. Oltre i nomi resta la situazione che definire di sofferenza è un eufemismo. A Ficarolo, ma in tutti i paesi della sponda sinistra del Po, gli uomini di fiume sono tanti, ciascuno con le proprie esperienza, ognuno di loro singolarmente proiettato nel collettivo vivere il grande fiume che oggi, tristemente, assomiglia a un torrente di montagna. A questi personaggi si aggiungono coloro che vivono a metà strada tra il fiume e la campagna, pienamente inseriti in un ambiente che da secoli scandisce gli attimi di una quotidianità che sempre consegna ai giorni il senso dello scorrere del tempo.

Italino Pellegatti, 67 anni, è stato docente di scuola media superiore, agricoltore e, per collocazione casualmente fisica, uomo cresciuto sulla sponda del fiume. «E’ una siccità anomala, a memoria non ricordo una situazione simile. Alla mancanza di pioggia si somma la temperatura esagerata che da un paio di mesi a questa parte sta colpendo il Polesine, nelle campagna i fossi non sono estremamente ricettivi, il risultato, concretamente, si traduce in tre mesi devastanti per l’agricoltura. In questi giorni si sta trebbiando il mais, il raccolto raggiunge appena i 25 quintali per ettaro a fronte di una produzione che normalmente offre 100, 120 quintali per la medesima superficie».

Il fiume soffre e, di conseguenza, tutte le attività a vario titolo connesse alla buona salute del Po sono in sofferenza: «La pesca, purtroppo, non è colpita. L’inquinamento, da anni, ha massacrato la popolazione ittica del fiume e siccità o no, penso che la situazione non possa subire particolari negatività. Oltre alla siccità l’alveo non ha fondo e ogni piccola variazione crea problemi. Figuriamoci una situazione straordinaria come questa. Bisognerebbe affrontare il problema nel suo complesso e se si riuscisse ad osservare la campagna circostante dall’alto ci si renderebbe conto di quanto la mancanza di piogge abbia inciso in uno dei settori economicamente più importanti della provincia di Rovigo». La siccità occupa da tempo le prime pagine dei giornali, forse sarebbe il caso che le conseguenze entrassero nell’agenda di chi è deputato a risolvere anche questo, improvviso e inatteso, problema.

Sandro Partesani