Rovigo, 17 aprile 2013 - INTERESSI troppo alti, superiori perfino a quelli massimi stabiliti dalla Banca d’Italia. E per scopririli ci è voluta una situazione di grande difficoltà economica, un bilancio in ginocchio che ha costretto due aziende agricole a rivedere tutti i conti. Così, facendo le pulci anche le piccole spese delle competenze sui conti correnti, sono arrivati a denunciare la banca a cui si appoggiavano per tutto, finanziamenti compresi. Ieri il giudice per l’udienza preliminare Alessandra Testoni ha rinviato a giudizio i due direttori della filiale della Cassa di risparmio del Veneto di Adria: Giorgio Lazzarini e Claudio Berti. L’accusa — pesante per chi ricopre un ruolo del genere — è di usura. Gli imputati sono i due direttori che, dal 2004 al 2009 si sono avvicendati alla guida della filiale adriese, dove avevano i conti correnti le due aziende specializzate nell’allevvamento di bovini. Secondo la procura i due direttori sarebbero responsabili perché l’istituto da loro diretto avrebbe applicato, in diversi trimestri, tassi di interesse superiori alla soglia massima stabilita e nei confronti di aziende in difficoltà economica.
 

LE DUE imprese avevano dovuto chiudere i battenti per alcuni mesi allo scoppio dell’inchiesta sui bovini dopati che aveva coinvolto allevatori, macellatori, alimentaristi zootecnici e veterinari delle province di Rovigo, Padova, Ferrara, Perugia e Mantova. Il processo è ancora in corso e le due aziende sono parti civili nel procedimento, ma proprio da quel momento di difficoltà avevano iniziato, per necessità, a guardare più approfonditamente i conti delle due aziende. E così facendo erano emerse delle anomalie nei tassi applicati. Denunciata la cosa, il sostituto procuratore Alberto Savino che aveva seguito il caso aveva chiesto una perizia a un consulente che ha disaminato trimestre per trimestre la gestione del denaro delle due aziende in quella banca. Stando a quella perizia ci sono stati diversi trimestri (ma non tutti e non con continuità) in cui gli interessi superavano la soglia massima consentita. In alcuni casi di pochi centesimi, come anche 0,56 euro, in altri casi invece di diverse centinaia di euro (in un caso oltre 400 euro).
 

QUESTO sforamento, replicato su tutti i conti correnti delle due imprese e sugli affidamenti per centinaia di miglia di euro concessi dalla filiale, porterebbe il computo dei maggiori interessi richiesti a quota 65mila euro circa in cinque anni. Il gup, ieri, ha optato per il rinvio a giudizio dei due direttori che sono assistiti dagli studi legali Alleva di Milano e Augenti di Padova. Spetterà a loro dimostrare la totale estraneità dei due dirigenti all’accusa di usura, visto che l’applicazione dei tassi avviene in maniera automatica tramite un programma di gestione informatica. I due allevatori, invece, sono assistiti dagli avvocati Daniela Ajese del foro di Venezia e da Marco Petternella del foro di Rovigo. Contro la banca è in piedi anche una causa civile per il risarcimento degli interessi.
 

Cristina Degliesposti