Rovigo, 30 maggio 2014 - Alla fine la condanna è arrivata. Paolo Pieracci, 66 anni, medico rodigino, è stato condannato ieri dai giudici del collegio rodigino a tre anni e mezzo per violenza sessuale. Una sentenza, per lui, ingiusta: «Non ho fatto niente e mi trovo con una condanna a 3 anni e mezzo. In questo paese la giustizia non esiste». Una condanna che ha confermato l’ipotesi accusatoria del pubblico ministero Davide Nalin, che aveva chiesto per il medico una pena di 7 anni, ma che ha riconosciuto anche l’attenuante relativa ai casi di minore gravità di violenza sessuale, non essendosi verificata penetrazione.

I fatti risalgono all’agosto del 2009. Pieracci lavorava nel reparto di geriatria dell’ospedale di Rovigo. E’ qui che incontra la donna che lo porterà davanti al giudice, accusandolo di violenza sessuale. Allora 35enne, la donna aveva accompagnato la nonna in reparto e aveva avuto un primo colloquio con il medico.

Secondo la sua versione, l’avrebbe convinta a farsi visitare nel pomeriggio in quanto soffriva d’ansia. Pieracci, infatti, è esperto di pranoterapia e tecniche di rilassamento. Accettato l’incontro, la donna sarebbe stata fatta spogliare e distendere sul lettino, mentre Pieracci iniziava alcune manovre su tre punti chackra di basso ventre e gambe.

La donna sarebbe caduta in uno stato di torpore, arrivando a provare anche un orgasmo. A questo punto, il massaggio si sarebbe trasformato in palpeggiamenti più spinti e in due dita infilate nella vagina, nonostante la vittima si fosse risvegliata dal ‘torpore’ e avesse intimato al medico di smetterla.

La donna si è così rivestita, allontanandosi mentre il medico avrebbe tentato un ulteriore approccio. La 35enne, scossa, ha raccontato poi i fatti alla psicologa da cui era in cura e alla sua migliore amica, scoprendo che anche quest’ultima, 20 anni prima, aveva subito un episodio simile durante una visita di Pieracci.

Una versione totalmente differente da quella fornita dal medico e dal suo avvocato, Palmiro Tosini, che ora ricorreranno in Appello. Secondo la loro ricostruzione, infatti, fu proprio la donna a chiedere al medico che la stava massaggiando di ‘andare oltre’.

E al suo rifiuto, gli avrebbe detto che era abituata ad avere quello che voleva, lasciando un post it con il numero. Una versione senza contraddizioni rispetto alle testimonianze della moglie del medico, di un collega e di un barbiere che ascoltò una conversazione tra i due, ma ritenuta inverosimile dal pubblico ministero e i giudici, dato che vede la donna autrice di tutto, descrivendola come una persona che soffre di disturbi psicologici. E’ quindi arrivata la condanna a 3 anni e mezzo e 15mila euro di provvisionale per la parte civile.

Caterina Zanirato