Rovigo, 21 giugno 2014 - Le immagini registrate dalla squadra mobile parlano da sole (video). Un’operatrice sanitaria prende una paziente per i capelli dalla sedia a rotelle, la getta con violenza sul letto e dopo averle tirato una manata le tira addosso una scarpa da tennis. Ma non finisce qui. In un altro filmato un’operatrice sanitaria lascia sul letto completamente nudo un paziente per circa sei minuti: proprio quel paziente, il giorno dopo, si ammalerà con febbre alta e sarà necessario somministrargli delle flebo.

E ancora: dopo alcune sberle in faccia un paziente viene portato fuori dalla sua stanza, affidandolo a un altro operatore. Qualche minuto dopo rientra, con il viso tumefatto e un guanto in bocca. E una paziente su una sedia a rotelle viene ripresa con il volto pieno di ecchimosi, nuda, mentre le infermiere cercano di rivestirla ‘calmandola’ con pugni e sberle, strattonandola per i capelli. Basterebbero questi episodi raccapriccianti a far inorridire. Ma ce ne sono tanti altri ripresi dalle telecamere, lasciate accese 60 giorni 24 ore su 24.

Un’infermiera spinge un cuscino sul volto di un paziente per 12 minuti, ridendo, mentre lo colpiscono con pugni e calci. Un’altra tira una vassoiata in testa a un paziente che si vuole alzare dal letto. Un’altra ancora, per rifare il letto, prende un magrissimo paziente, lo getta a terra, sistema il letto, e poi lo rimette su come se fosse un sacco di patate. A tutto questo si aggiungano gli insulti ricevuti dai degenti, lesivi della loro dignità, aggravati dal fatto che una persona affetta da handicap non può replicare, né verbalmente né fisicamente: «stupido», «insulso», «tua sorella ti ha rispedito qui dentro», e quella frase, così crudele, che sarebbe stata proferita dal medico responsabile: «Spero ti venga un tumore alla gola, così non ti sentiamo più».

La residenza sanitaria, in apparenza modello di funzionalità, avrebbe nascosto dietro le finestre chiuse un vero e proprio lager, in cui erano costretti coloro che avevano maggior bisogno di cure e affetto. Alle richieste dei familiari delle vittime di avere chiarimenti circa le lesioni riscontrate ai propri cari, il personale dell’Istituto si giustificava, ogni volta, sostenendo che i pazienti si erano infortunati a causa delle precarie condizioni fisiche, derivanti da problematiche motorie o da malattie psichiatriche. Nell’ordinanza di 50 pagine, il gip Carlo Negri sottolinea la gravità dell’operato del medico a carico del quale «emerge il gravissimo episodio della perdita della vista da un occhio di una signora in occasione della quale fece ai figli della paziente dichiarazioni fuorvianti, tese a minimizzare oltre al limite del verosimile l’accaduto e le cause»

Caterina Zanirato