Scuola nel caos, la rabbia dei 300

"Dal giorno della sentenza non riusciamo più a dormire"

Uno degli striscioni di protesta

Uno degli striscioni di protesta

Rovigo, 9 gennaio 2018 - Il posto fisso si allontana per le diplomate magistrali entro il 2002 che sono intrappolate in un limbo di precarietà da anni. Ieri c’è stato lo sciopero nazionale. In provincia di Rovigo è una situazione che riguarda oltre 300 insegnanti, in Veneto 4 mila. Prima delle feste natalizie, il 20 dicembre, il Consiglio di Stato ha emesso una sentenza nella quale stabilisce che gli insegnanti che hanno conseguito il diploma magistrale entro l’anno scolastico 2001/2002 dovranno essere esclusi dalle graduatorie ad esaurimento, cioè quelle dove si trovano i docenti con l’abilitazione all’insegnamento, dalle quali si attinge per le assunzioni in ruolo (il posto fisso).

Una sentenza che, temono gli insegnanti precari, verrà utilizzata anche dai giudici dei tribunali amministrativi nei vari ricorsi, che con questo criterio sarebbero bocciati. «Mi sono diplomata nel 1996 al Roccati di Rovigo — racconta Natalia Rosa, iscritta al sindacato Snals —. All’epoca sapevamo che il diploma sarebbe stato abilitante. Equipollente alla laurea in Scienze della Formazione, nata dopo». Il Ministero ha sempre assunto da un doppio canale, le graduatorie ad esaurimento e quelle di merito, cioè i vincitori di concorso. «Ad un certo punto il governo ha deciso che il nostro diploma non valeva più e noi siamo stati condannati al precariato — continua Natalia Rosa —. Nel 2008 le graduatorie sono state chiuse. Chi era iscritto prima è stato assunto, chi si è arrivato dopo non è più riuscito ad entrare». Un problema che non riguarda soltanto lei, ovviamente. «Ci sono persone che lavorano nella scuola da 20 anni. In pratica nella scuola vengono usati gli stagionali, questa è la realtà», Natalia Rosa fa anche una considerazione: «Io penso una cosa, i titoli che deve avere un insegnante dovrebbe deciderli la politica, non la magistratura. Ma la politica ha sempre delegato, in attesa delle sentenze, che poi arrivano come un’accetta. Invece dovrebbero domandarsi «Chi vogliamo che educhi i nostri figli?» E rispondere con leggi chiare». Un’altra insegnante in questa spiacevole situaizone, anche lei iscritta al sindacato Snals, è Chiara Munerato, 35 anni, di Badia.

«Mi sono diplomata all’istituto magistrale a Rovigo nel 2001, dietro al titolo c’è scritto che il diploma è abilitante — fa presente —. Non sono mai potuto entrare nelle graduatorie perché quando ho preso la decisione serviva il concorso. Dopo il diploma ho preso la laurea triennale in Scienze Motorie, da marzo del 2005, quando ho ricevuto la prima chiamata per le supplenze, ho sempre continuato ad insegnare. Sono quasi 12 anni, ora rischio addirittura di fare passi indietro anziché avanti». Chiara Munerato spiega, perché. Ad ostacolarla c’è «La buona scuola», legge approvata dal governo Renzi nel 2015. «La nuova legge dice che dopo 36 mesi di servizio in un posto vacante non potrei più accettare supplenze fino al 31 agosto ma solo quelle più precarie— spiega —. Mi resterebbero, in pratica, soltanto le sostituzioni per malattia o maternità».