Rovigo, 18 gennaio 2012 - FINO A POCHI anni fa, prima del restauro e della ripulitura del robusto edificio che dal 1938 è sede del Catasto, si poteva ancora leggere, in più punti, una scritta in stinta vernice nera: «Rifugio». Oggi, ci sono invece scritte divaganti e di vario colore, perfino una commossa dichiarazione amorosa («Stella ti amo») e niente più lascia presumere che nella pancia di quel palazzone tanto caratteristico da diventare un punto di riferimento cittadino, ci fosse un ricovero antiaereo, frequentatissimo da tutti gli abitanti dei dintorni al tempo dei bombardamenti.

 Ecco, nella notte, le sirene lancinanti e i bengala che squarciavano le tenebre, la corsa affannosa nei due stanzoni stipati di gente impaurita e poi i rombi degli aerei e le bombe che portavano distruzione e terore. E sicuramente una bomba inesplosa dorme ancora nel cortile-parcheggio della Casa del Mutilato che spartisce via Toti da via Minzoni.
Altri tempi, cancellati e soprattutto dimenticati, che pure hanno lasciato profonda traccia nelle generazioni che ci hanno preceduto. I bombardamenti, si sa, a Rovigo e in Polesine, incrudelirono specialmente tra il 1943 e i primi mesi del 1945: a guardarsi intorno con occhi attenti e un po’ di immaginazione se ne trova ancora qualche traccia.
Ma, per tornare ai ricoveri antiaerei, come venivano detti prima e durante la seconda guerra mondiale, oggi, per chi volesse ritrovarne memoria e storia, c’è un libro (e una interessantissima mostra nella sala Brigo della Pescheria Nuova, tutti i giorni fino al prossimo lunedì 23) fresco di stampa ma preparato ancora un paio di anni fa con sagacia e competenza dagli studenti della IV A dell’istituto Tecnico per Geometri ”A. Bernini” coordinati dagli insegnanti: Giovanni De Poli e Silvia Zennaro, che non sono nuovi a queste importanti iniziative (in tempi recenti: Amos Bernini e poi i Forti austriaci).

E dunque, dopo una accurata e necessaria introduzione dedicata, appunto, ai tempi e ai modi della difesa del territorio in tempo di guerra e al ruolo dell’Unione Nazionale Protezione Antiaerea (creata ancora nell’agosto del 1934), nonché alla caratterizzazione dei diversi tipi di «rifugi», si passa a una attenta ricostruzione di quanto era stato fatto in questo campo a Rovigo. In città, i rifugi antiaerei individuati erano una trentina, da quelli che erano un adattamento alle circostanze dei sotterranei e delle cantine di palazzi ed edifici pubblici e privati così come giacciaie, campanili e torri (dal palazzo Ina e dal Catasto al Genio Civile, al Vescovado e alla Prefettura, ma anche le due torri, il campanile della Rotonda, la Banca d’Italia e via dicendo), il tutto con ampia documentazione riportata in facsimile. Dei più importanti si dà una descrizione dettagliata con corredo fotografico, che non risparmia sorprese, come è il caso degli impianti di ventilazione e di quella bicicletta collegata a una dinamo che serviva a produrre energia per l’illuminazione e il cambio dell’aria.


Diversamente da quanto era avvenuto nella vicina Padova, dove in uno dei rifugi ricavati all’interno bastioni si registrò una vera e propria strage (200 vittime), a Rovigo, nel corso dei molti bombardamenti rilevati tra il febbraio e il luglio del 1944, dei 20 morti e 41 feriti registrati, solamente cinque persone, che si erano riparate in una trincea protetta nei dintorni di Boara, persero la vita.