Rovigo, 23 marzo 2010 - E’ uno dei dieci esperti mondiali che hanno fatto parte della commissione che ha affiancato il presidente Obama per la riforma sanitaria negli Stati Uniti. Gino Gumirato, 44 anni, è di Camposampiero, in provincia di Padova. Diploma in ragioneria. Laurea in Scienze politiche e in Statistica. Master alla London school of economics e alla Sda della Bocconi di Milano. Ex direttore generale dell’Asl a Cagliari.

E’ finito nel team americano per aver studiato a Londra con il ministro del Bilancio statunitense, Peter Orszag, che l’ha voluto nella commissione assieme a due canadesi, due svedesi e poi un rappresentante ciascuno di Germania, Polonia, Giappone, Gran Bretagna e Sudest asiatico. Tutti esperti di sistemi sanitari, sia di tipo universalistico che privatistico o anche misto. Dal 20 marzo è il nuovo direttore amministrativo dell’Asl Roma E. In questi giorni è a Bangkok per un meeting internazionale sulla sanità. "Da un punto di vista tecnico la riforma americana è davvero storica, perché estenderà i servizi sanitari a 32 milioni di statunitensi grazie all’allargamento del raggio di azione dei programmi di salute pubblica e grazie ai sussidi alle famiglie che non possono acquistare polizze assicurative private".


Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate sul vostro cammino?
"Ci sono stati ostacoli legati a lobby economiche che, attraverso i media, hanno cercato di instillare nelle menti degli americani cose torbide. Altro scoglio da superare è stato quello sui fondi governativi per l’aborto. Non è stato facile da digerire nemmeno per i democratici. Infine abbiamo dovuto mettere le mani nella cultura americana. Tutti pensavano di scegliere tutto: dalle automobili, alle assicurazioni, alla sanità. Ma questa libertà non governata e incontrollata ha fatto il male dell’economia americana. La destra ha strumentalizzato la riforma come se venisse tolta alla gente la possibilità di scelta".


Quanto ha lavorato per questa riforma?

"La prima volta sono stato chiamato il 3 marzo dell’anno scorso. Poi una volta al mese, almeno per una settimana, rimanevo negli Stati Uniti".


Un suo parere sulla sanità mondiale?

"Ci sono paesi come Cina e India, ma anche Sudafrica, che si chiedono come sarà il futuro della sanità. Addirittura l’India ha atteso la riforma statunitense prima di dare il via a un processo di rinnovamento. I principali problemi da risolvere in tutto il mondo sono l’aumento dei costi e l’estensione del servizio".


E della sanità italiana che ne pensa?

"Purtroppo non è più nell’agenda dei governi da diverso tempo, se non per i commissariamenti. Manca un dibattito sulle innovazioni necessarie per i prossimi 20 anni".


Innovazioni necessarie? Ne dica almeno una.
"Un esempio? Bisognerebbe radere al suolo almeno 400 ospedali e costruirne 20 di nuovi, ma efficienti".