Il libro di Katia Ricciarelli: «Il primo amore della mia vita? Aveva una fabbrica di giradischi»

La Ricciarelli nella biografia ricorda la sua giovinezza a Rovigo

La grande Katia Ricciarelli (Foto Donzelli)

La grande Katia Ricciarelli (Foto Donzelli)

Rovigo, 1 marzo 2015 - Katia Ricciarelli si racconta a cuore aperto nel libro “Da donna a donna- La mia vita melodrammatica” (ed. Piemme, pp 178, euro 15,90) fra sorrisi, lacrime e abbondanti spruzzate di genuina autoironia. In questa vita, numerosi i ricordi e i rimandi alla sua città d’origine, Rovigo, dove ha vissuto la giovinezza ed ha anche lavorato per breve tempo come commessa all’Upim, prima di raggiungere i massimi livelli nella lirica.

 Una voce, quella di Katia Ricciarelli, destinata a restare nella storia del canto e dell’opera come una delle più affascinanti del dopoguerra. Una voce e un timbro, riconoscibili per una malinconia quasi morbida, per la soavità e l’intimo calore che emanano uno strano e profondo incanto. Katia Ricciarelli è nata a Rovigo il 16 gennaio 1946 e qui ha dapprima studiato al LiceoMusicale Venezze, poi passare al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia dove si è diplomata con Iris Adami Corradetti. Ha debuttato a Mantova nel 1969 in «Bohème» e l’anno seguente nel «Trovatore» al Teatro Regio di Parma. Nel 1971 ha vinto il concorso Voci verdiane della Rai. Da allora ha cantato in tutti i più prestigiosi teatri del mondo. Fin dagli anni Settanta, al tempo, cioè, della sua presenza sulla scena sotto la bacchetta di Gianandrea Gavazzeni, la cantante rodigina si era cimentata con i personaggi di Bellini e Donizetti e del Verdi giovane, irresistibile quella sua voce di naturale dolcezza, che l’uso accorto del legato arricchiva di sfumature e filati, nella purezza della linea di canto.

Una voce ricca di armonici, che si esaltava in luminosi riflessi e velature sapienti. Niente di meglio per la Desdemona verdiana, che Katia avrebbe interpretato più volte con la direzione di Claudio Abbado e accanto a Placido Domingo. E subito dopo, Traviata e i più importanti ruoli dell’Ottocento musicale nei maggiori teatri italiani, dalla Fenice e dal Regio di Torino alla Scala (dove avrebbe trionfato nel 1976 con il Simon Boccanegra di Verdi accanto a Piero Cappuccilli e con la direzione di Claudio Abbado), per accedere rapidamente ai palcoscenici internazionali più ambiti, dal San Francisco Opera al Wiener Staatsoper, dalla Royal Opera House al al Covent Garden di Londa, e ancora dal Metropolitan Opera House di New York al Grand Théatre de Geneve, per non dire che dei maggiori. E sempre al centro di cast stellari, che oltre a Plácido Domingo, Luciano Pavarotti, Piero Cappuccili, Nicolai Ghiaurov, comprendeva Leo Nucci, Richard Van Allan, Renato Bruson Grace Bumbry, Fiorenza Cossotto, Lucia Valentini Terrani e soprattutto quel José Carreras, tenore che nel colore e nel timbro meglio si avvicinava alla delicata dolcezza di Katia, con il quale il soprano rodigino aveva stretto un importante sodalizio. Quanto ai direttori, basta fare i nomi prediletta da direttori come Herbert von Karajan, che proprio sul privilegio del suo timbro avrebbe evidenziato i legni e un colore brown dell’orchestra, come Carlos Kleiber e Claudio Abbado, ma anche Riccardo Muti, Zubin Mehta, Colin Davis, Lorin Maazel, Carlo Maria Giulini e Georges Prêtre.

A smentire ogni sospetto di routine, negli anni Ottanta, era arrivata una collaborazione che si sarebbe protratta per un decennio col Rossini Opera Festival di Pesaro, che la videro maestra nel repertorio rossiniano, appunto, ma anche in quello del belcanto. Né va dimenticata l’attività formativa e di perfezionamento con l’Accademia Lirica Internazionale “Katia Ricciarelli” da lei fondata nel 1991. È stata anche direttrice artistica del Teatro Politeama Greco di Lecce e poi dello Sferisterio di Macerata. Quando pareva che fosse arrivato il momento di ritirarsi, la cantante ha cambiato strada e, sollecitata da Pupi Avati, si è dedicata, di nuovo con successo e volontà, al cinema e alla televisione.