Mamma coraggio denuncia i pusher

Il figlio, 26 anni, era finito nel tunnel dell’eroina. Raffica di arresti a Badia

Il capitano Nicola Di Gesare e il maggiore Giorgio Istrali (Foto Donzelli)

Il capitano Nicola Di Gesare e il maggiore Giorgio Istrali (Foto Donzelli)

Badia (Rovigo), 3 settembre 2015 -  Non riusciva davvero a darsi pace per quel figlio nel quale vedeva lentamente spegnersi l’entusiasmo e la gioia tipici degli anni della giovinezza. Seriamente preoccupata per lo stato di salute del ragazzo eroinomane a soli 26 anni, una mamma di Badia Polesine si è fatta coraggio, rivolgendosi ai carabinieri.

La scorsa primavera è così scattata l’operazione ‘Spadino’, condotta dal nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Rovigo, guidato dal capitano Nicola Di Gesare, con i colleghi della compagnia cittadina e di Padova. Le prime verifiche dei militari sono state effettuate a partire dalle parole della donna, alla quale il figlio aveva confermato di essere un consumatore di droghe pesanti. Seguendo gli spostamenti del ragazzo e controllandone le frequentazioni, i carabinieri sono così risaliti agli spacciatori. Si tratta di un operaio di 26 anni – B. E. le sue iniziali – e di un disoccupato di 41 anni, entrambi italiani residenti a Badia e con precedenti specifici. Nel corso dei quattro mesi di indagine, che hanno previsto servizi di osservazione, controllo e pedinamento dei pusher, i carabinieri sono riusciti a individuare il loro canale di rifornimento. A cedere loro gli stupefacenti erano due tunisini, che agivano in provincia di Padova. La coppia di stranieri (un ragazzo di 25 anni e un altro di 32 anni, disoccupato e con numerosi precedenti) riusciva a smerciare tra i due e i tre etti di eroina alla settimana.

La sostanza più venduta dagli spacciatori era l’eroina, ceduta a soli 15 euro al grammo, ma erano forniti anche di cocaina, hashish e marijuana. Non è stato semplice per gli investigatori documentare il traffico degli stupefacenti ai compratori. Per i quattro ‘venditori di morte’, nella giornata di sabato si sono così aperte le porte del carcere. La misura restrittiva è stata emessa dal gip del tribunale di Rovigo, che ha così condiviso il piano accusatorio formulato dai carabinieri al termine delle indagini. Il traffico dei tunisini avveniva con un modus operandi che ha reso le indagini particolarmente lunghe e difficoltose. I due – che si muovevano per Padova in bicicletta o a piedi e stazionavano spesso nei parchi cittadini – nascondevano le partite di stupefacenti in località arginali o boschive. Solo dopo aver preso contatti con gli acquirenti, facevano in modo che le cessioni avvenissero in luoghi di difficile sorvegliabilità.

Nel corso delle indagini sono stati identificati anche altri pusher che, come i due polesani, si rivolgevano agli stranieri per procurarsi la droga da spacciare a Treviso, Pordenone e nella Bassa Padovana (due di loro sono stati arrestati e uno denunciato). I carabinieri hanno inoltre sequestrato 60 grammi di eroina, 52 grammi di hashish e 1.250 euro. Il denaro era frutto dell’attività di spaccio. I militari hanno trovato anche bilancini elettronici e materiale per confezionare delle dosi.