Le ossa ripescate sono di un animale. Tramonta l’ipotesi del serial killer

Perizia accerta che sono resti di un bovino. Era stata aperta un’indagine per omicidio

Il furgone Fiat Scudo venne ripescato in un canale del Po di Levante

Il furgone Fiat Scudo venne ripescato in un canale del Po di Levante

Rovigo, 24 aprile 2015 - AVEVANO fatto tremare la nostra provincia quelle ossa trovate in un furgone emerso dalle acque di un canale del Po di Levante. Già si profilava l’ombra di un killer, un assassino di donne. Nel vano motore del mezzo erano stati trovati infatti alcuni indumenti femminili. E invece? Invece quelle ossa sono della carcassa di un bovino, per l’esattezza di una vacca. La perizia scientifica mette così la parola fine a quello che sembrava un giallo che aveva aperto agghiaccianti scenari e anche un’indagine per omicidio. Mercoledì scorso, alla ricerca di una pista, erano arrivate a Rosolina anche le telecamere di ‘Chi l’ha visto? Ora la perizia fatta in questi giorni dal medico legale va a smentire l’ipotesi che era stata inizialmente avanzata dalle prime due analisi mediche. Secondo quei test i resti trovati nel furgone – un Fiat Scudo – erano invece di natura umana. Pare, a questo punto, che non sia così. Manca ancora l’esame del dna per avere la certezza definitiva, ma secondo l’analisi compiuta dall’esperto di anatomia, il bacino non corrisponde per conformazione ad una carcassa di un uomo o di una donna, ma verosimilmente è riconducibile ad una animale di medie dimensioni. Sarebbe stata la corrente del fiume a trascinare le ossa in quel punto e, solo successivamente, si sarebbero incastrate tra i rottami del mezzo. Il furgone era stato rubato due anni fa a Rosolina e ripescato, la settimana scorsa, durante i lavori di drenaggio nelle acque del canale.

L’inchiesta aperta dalla Procura di Rovigo per omicidio dunque cadrebbe in un nulla di fatto. Rimane comunque ancora un frammento di giallo. Il mistero riguarda gli indumenti femminili trovati sempre all’interno del furgoncino. Vennero ripescati un maglioncino stile lupetto di colore scuro ed un lembo di una camicetta, tessuto parecchio usurato dopo la lunga permanenza in acqua. Gli inquirenti stanno ora cercando di capire se esiste un collegamento tra i vestiti ripescati nel canale di Po di Levante e le due gambe rinvenute tra ottobre e gennaio, al largo di Rosolina e in una spiaggia. Arti risultati appartenere alla stessa persona e riconducibili dall’esame del dna ad una ragazza, 25 anni, di razza europea. Resti umani per i quali la Procura sta tuttora indagando per omicidio a carico di ignoti. Dopo il ritrovamento della carcassa che, secondo una prima ipotesi, sembrava essere di natura umana, la Procura aveva aperto un secondo fascicolo sempre seguendo la pista dell’omicidio. Una delle piste era che ci potesse essere un legame tra quel bacino e le gambe ritrovate da due pescatori nel mesi scorsi.

ORA PERÒ IL QUADRO cambia radicalmente. Se infatti l’esame del dna confermerà che i resti rinvenuti nel vano motore del Ducato appartengono ad un animale, le indagini dovranno concentrarsi sui vestiti della donna rinvenuti in acqua. Da lì si dovrà partire per capire se potevano appartenere alla giovane fatta a pezzi con un coltello (le gambe sono tranciate di netto). Le altre parti del corpo non sono ancora state trovate, nonostante le ricerche dei sommozzatori dei vigili del fuoco, avvenute in più riprese. Nel caso ci sia una correlazione tra gli abiti e le gambe, essenziale sarà capire chi era alla guida del furgone rubato nel 2012 ad un artigiano di Loreo.