Reti idriche cedute a Polacque. Sott’inchiesta 192 amministratori

Falso in bilancio e abuso d’ufficio, nei guai sindaci e assessori

Reti idriche

Reti idriche

Rovigo, 16 aprile 2015 - E’ SENZA dubbio un’indagine complicata quella che vede coinvolti 192 amministratori polesani e la società partecipata Polesine Acque, per vari reati che vanno dal falso in bilancio all’abuso d’ufficio, per un’irregolare gestione delle risorse idriche. Si tratta di 60 sindaci, a cui si aggiungono amministratori di Polesine acque, delle società controllate (Sodea), e poi gli amministratori e liquidatori dei consorzi acquedotti polesani.

Il tutto partì da una denuncia effettuata dall’allora consigliere comunale Antonello Contiero del 2012, che contestava la cessione di beni demaniali da parte dei Comuni polesani, ovvero le reti idriche, a Polacque. Delibere di cessione che vennero approvate dai vari consigli comunali negli anni che vanno dal 2004 al 2006. Pochissimi i comuni che rifiutarono, si parla di 4-5 in tutto il Polesine. Grazie a quest’operazione, quantificando poi in denaro le reti idriche ricevute dai Comuni, la società partecipata riuscì ad aumentare due volte il proprio capitale, evitando il fallimento. La prima volta era nel 2009, presidente era Giuliano Ferraccioli, prematuramente deceduto, e il valore delle reti idriche venne quantificato in 64 milioni di euro. La seconda volta era nel 2012, presidente era Alessandro Mazzoni, e il capitale aumentò di 20milioni di euro.

Un’operazione, che secondo la Corte dei conti, non si potrebbe fare, in quanto non è possibile per la legge cedere dei beni demaniali a società partecipate, e che quindi avrebbe falsato il bilancio, troppo ‘florido’ rispetto alla realtà dei fatti. L’inchiesta infatti è partita proprio dalla Corte dei Conti, nel 2011, per danno erariale. Per poi passare in mano alla procura rodigina, attraverso Contiero e Giovanni Nalin (Sel), prima al sostituto procuratore Sabrina Duò che ha coordinato le indagini, lasciando ora il fascicolo al collega Davide Nalin. Per cui la Guardia di finanza di Rovigo, il nucleo tributario guidato da Vittorio Palmese, ha raccolto documenti e indagato su 192 persone. Un’inchiesta che però non è ancora stata chiusa, dato che il quadro normativo in cui si inserisce è molto complesso, soprattutto per inquadrare la vicenda dal punto di vista penale.

Non tutti i comuni polesani sono coinvolti, ma solo quelle amministrazioni, Rovigo capoluogo compresa, che approvarono la cessione delle reti idriche. Delibere approvate in consiglio comunale anche a più riprese, per questo in alcuni comuni in cui il sindaco è cambiato in quegli anni ci sono due primi cittadini indagati. Non è detto, comunque, che per tutti loro la pubblica accusa chieda un rinvio a giudizio: le indagini sono ancora in corso e potrebbero concludersi anche con un’archiviazione.