Pretendiamo la verità

Carlo Cavriani

Carlo Cavriani

Rovigo, 28 settembre 2014 - MAI prima d’ora il Polesine aveva dato una dimostrazione di partecipazione così totale al dolore. Commozione unanime e condivisa che ha portato spontaneamente alla cattedrale di Adria una folla immensa e sinceramente commossa. Moltissime le autorità presenti, arrivate a testimoniare una parola di conforto ad un territorio ferito. Un territorio che però vuole presto rialzarsi come ha sottolineato nella sua omelia il vescovo Lucio Soravito de Franceschi, un territorio che si stringe al dolore dei famigliari di Nicolò Bellato, Paolo Valesella e Marco Berti, tre delle quattro vittime della Coimpo di Ca’ Emo. Parole di circostanza rispetto a quelle rabbiose, pronunciate sempre ieri, da don Renato Galiazzo, parroco di Liettoli di Campolongo Maggiore. Dall’altare della sua chiesa, durante i funerali di Giuseppe Baldan (la quarta vittima della nube killer) ha lanciato un vero e proprio anatema: «I politici hanno bevuto il sangue di questi ragazzi, è meglio che si leghino una macina al collo e si buttino in mezzo al mare».  Al di là della drammatica complessità dei fatti e delle conseguenti difficoltà nell’accertamento delle responsabilità, va in ogni caso rifiutata l’idea che si tratti comunque di un’inevitabile tragica fatalità.  Il Polesine dopo questa ennesima prova, deve trovare ulteriore slancio per rialzarsi. La partecipazione al dolore ieri è stata evidenziata anche dal fatto che tutti gli esercizi commerciali sono rimasti chiusi durante le esequie. I rappresentanti delle istituzioni, a parole, sono sembrati vicini al Polesine con frasi chiare e nette: ora deve partire la corsa verso la normalità, senza naturalmente dimenticare e, anzi, pretendendo la verità.  Sarà una strada faticosa ma rappresenterà il modo più giusto per onorare i nostri morti.