Rovigo, 26 marzo 2012 - «VIGOR era un ragazzo semplice, un uomo che nonostante i successi era rimasto con i piedi per terra. Anche se non si vedeva spesso in paese, era rimasto uno di noi. Quello che è successo è incredibile: un vera tragedia». In piazza, a Taglio di Po, gli sguardi increduli e tristi si incrociano, e si intrecciano le parole d’affetto e di cordoglio nel ricordare Vigor Bovolenta, il pallavolista d’origine polesana morto nella notte a causa di un malore, causato da un problema cardiaco, mentre stava disputando una partita del campionato di B2 a Macerata.

«Tornava in paese una volta o due l’anno — raccontano all’unisono Fabrizio Marangon e Valeriano Crepaldi —, lo conoscevano un po’ tutti, anche se non di persona e seguivamo le sue imprese sportive in tv. Siamo tutti addolorati». La notizia della sua morte, in paese, si è sparsa veloce come un lampo: «Alcuni ragazzi l’hanno visto su Sky, in diretta, e dopo un attimo lo hanno postato su Facebook — dice Antonella, proprietaria del bar Vintage Caffè che si affaccia su piazza Venezia, in centro —. Da noi la pallavolo è una tradizione e in tanti amiamo questo sport».

La piccola comunità polesana si stringe con affetto attorno alla famiglia, e tutti sembrano voler pescare nella memoria un ricordo di quando Vigor, che pure si è allontanato giovanissimo da Taglio di Po per seguire la carriera da professionista, era ancora in Polesine. «Da quando ha cominciato a giocare — spiega Raffaele Miliani — lo si vedeva poco; suo padre invece era spesso qui in piazza». «Da piccoli — racconta invece Roberto Ferro — giocavamo assieme al campetto, ma a pallone». Sul campetto di calcio dei frati s’incontravano spesso Vigor e Marco Crepaldi: «Avevamo la stessa età e questo è un paese piccolo. A volte tiravamo insieme due calci al pallone. Poi lui è passato alla pallavolo: è andato a giocare a Polesella, poi a Ferrara. Finché ho potuto ho seguito le sue partite».
 

E I PRIMI calci al pallone Vigor li aveva dati sotto gli occhi di Edoardo Duò, direttore sportivo della Tagliolese Calcio che spiega: «Aveva un gran fisico, era un ragazzone alto e forte. La notizia terribile ha traumatizzato tutti. Sembra impossibile quello che è successo». Impossibile e crudele. perché i genitori di Vigor, papà Gino e mamma Luciana, erano già stati colpiti da un altro lutto: la morte del figlio maggiore, a 26 anni, per leucemia.

Così, dopo la partenza di Vigor da Taglio di Po, nella grande casa di via Rossini erano rimasti soltanto loro, ormai pensionati dopo una vita a lavorare Gino nella sua impresa edile, Luciana nelle confezioni. Una casa che dividevano con la figlia Ambra ma che ieri, tende chiuse e finestre abbassate, era silenziosa e deserta dato che tutti, nella notte, erano partiti per Ravenna. Nella città romagnola li aspettava Federica, moglie di Vigor, con i suoi quattro bambini, da quello di sette anni ai gemelli di un anno, rimasti senza il loro papà. Bambini che soltanto quando cresceranno impareranno a conoscere, oltre che per il suo amore, come un grande campione dello sport.
 

UN TALENTO che nacque sotto gli occhi di Luciano Zanella, quello di Vigor, ed è lo stesso ex allenatore a raccontarlo. «L’ho avuto come alunno dall’85 all’87 — dice Luciano Zanella che, ottant’anni tra due mesi, snocciola date e ricordi come un giovanotto —; iniziò con il calcio ma poi capii che lo sport per lui era la pallavolo. Lo invitai a fare le provinciali e le regionali dei Giochi della Gioventù. Prima giocava un po’ in tutti i ruoli, poi lo misi centrale. E’ stata la sua determinazione e la sua umiltà a farlo grande». Zanella mostra la maglia della nazionale che Bovolenta gli aveva regalato all’ultimo Galà dello Sport. «Della sua morte l’ho saputo stamattina — dice ancora Luciano mentre guarda la moglie Clari —; non vi nascondo che abbiamo pianto».
 

di Tiziana Piscopello