Martedì 16 Aprile 2024

"Terremoto, è l'apocalisse", Haiti sprofonda nell'orrore

Il nostro servizio del 14 gennaio 2010. Trema Port au Prince, tre milioni di disperati nell'epicentro. Oltre centomila vittime. Grida dalle macerie, si scava con le mani

Terremoto ad Haiti nel gennaio 2010 (Ansa)

Terremoto ad Haiti nel gennaio 2010 (Ansa)

Ecco l'articolo di QN - il Resto del Carlino pubblicato il 14 gennaio 2010

Haiti è devastata. Rasa al suolo Port au Prince, la capitale. Una Hiroshima sismica. Solo buio, silenzio, lamenti e preghiere. I morti non si contano. Si stimano. "Centinaia di migliaia", azzarda il primo ministro Jean-Max Bellerive che non ha più neppure un ufficio. Tre milioni di haitiani (un terzo della popolazione) sono stati colpiti dal più violento terremoto mai registrato in due secoli. "La terra si è aperta. E' stata la fine del mondo". "La città è morta. Le vie sono piene di morti". "In strada corrono persone bruciate, altre senza braccia e mani". "Le onde del mare si portano via i cadaveri". "Chi grida, chi piange, chi prega e canta inni". Sono le parole dei sopravvissuti: arrivano via Web dallinferno. L'apocalisse è piombata sull'isola caraibica alle 16 e 53 di martedì, quando in Italia erano quasi le 23, con una scossa terrificante. E durata un intero minuto. Interminabile e violenta, misurata con una magnitudo 7,3 sulla scala Richter, un grado altissimo, che si registra raramente.

"E' stata mille volte più distruttiva dellatomica di Nagasaki", dicono i sismologi americani. Ed è stata solo la prima di altre 35 scosse, nessuna sotto i 4,5 gradi Richter. Lepicentro è stato localizzato a soli 8 chilometri di profondità e ad appena 15 chilometri da Port au Prince, con i suoi due milioni di abitanti. Gran parte dei quali tirano a campare nelle bidonville, sorte ovunque, anche sulle montagne dei rifiuti. Perché Haiti, la parte occidentale di Hispaniola, l'isola su cui Cristoforo Colombo mise piede il 5 dicembre del 1492 con le insegne dei re di Spagna, è il paese più povero d'America. L'altra metà dell'isola, Santo Domingo, è invece uno dei paradisi dei Caraibi, luogo di vacanze e di pensioni dorate, buen retiro di benestanti. Oltre il confine, ad Haiti, l'altra faccia del pianeta: miseria, dolore, anarchia e soprusi.

La storia di Haiti, nei suoi 206 anni d'indipendenza (solo gli Usa ne vantano di più), è fatta di tragedie e schiavitù, di pirati, di rivolte vittoriose (contro le truppe coloniali di Napoleone), di dittature sanguinarie e di catastrofi naturali. L'ultima, prima di questo terremoto, fu l'uragano del 2008 che fece oltre 800 morti. Haiti aveva già allora toccato il fondo. Questa volta si teme che la tragedia possa superare perfino l'abisso toccato da Messina nel 1908: centomila morti. E anche lo tsunami del 2004: 230mila morti.

Se i soccorsi a Messina giunsero con le navi russe, Haiti attende quelle americane, mobilitate dalla Casa Bianca. L'aeroporto di Port au Prince è agibile, da ieri sera lo controllano gli americani. Dal Palazzo di Vetro cercano di mettersi in contatto con la propria missione, che conta ben 11mila uomini. Anche loro falcidiati dal sisma. Almeno un centiniaio sono dispersi. Il capo, il tunisino Hedi Annabi, è morto, come almeno 11 soldati brasiliani che guidano il contingente. Le comunicazioni sono saltate. Si tenta con i telefoni satellitari, però manca la corrente elettrica, anche in quel terzo della capitale che ne era servita. Prima che Port-au-Prince piombasse nel buio, appelli e testimonianze sono arrivate via Internet, sui blog, su Twitter, sfruttando l'energia residua delle batterie. E crollato tutto. Le bidonville per prime, poi le case della parte bassa di Port-au-Prince e molte delle ville sorte in collina franate col terreno che le reggeva. E crollato il parlamento, i ministeri (tranne uno), gli uffici pubblici (molti erano già vuoti da unora), tutte le chiese, compresa la cattedrale.

L'arcivescovo, monsignor Serge Miot, è morto sotto le macerie, come decine di seminaristi. E' morta Zilda Arns, la famosa pediatra brasiliana tre volte candidata al Nobel che si batteva contro la denutrizione e la mortalità infantile. Michelle Montas - 63 anni, anima di Radio Haiti, donna simbolo della lotta contro le dittature locali - data per ore per dispersa, è stata ritrovata viva e in salute. 

E' crollato anche il palazzo presidenziale, ma è vivo il suo inquilino, René Preval, precario capo di uno Stato in liquidazione, puntellato dalla missione Onu e dagli aiuti internazionali. "Sono crollati gli ospedali e le scuole: gli studenti sono morti sotto le macerie. E' una catastrofe", dice Preval. "E' una catastrofe - ripete la first lady, Elisabeth -. Per le vie della città distrutta si inciampa in corpi senza vita". "E' un disastro, non potete immaginare. E' un disastro" è il laconico messaggio del belga Nicolas Darenne, che lavora per una Ong italiana. Roberto Stephenson, fotografo romano che ha parenti ad Haiti racconta il day after: "Tutto è caduto, i tetti al suolo, morti in mezzo di strada, madri che cercavano i figli e centinaia di persone cantavano inni religiosi e pregavano". Molti altri testimoni riferiscono del buio, dei lamenti, dei volti sbiancati dal dolore e dalla calcina. E di quei canti pieni di fede. Ultima consolazione nel nulla dell'apocalisse.

(Ha collaborato Luca Pesci)