Sangiovese, vendemmia positiva «C’è qualità, ma anche quantità»

Per il grande rosso l’annata 2015 è da mettere in cornice

Vendemmia

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«Millesimo da ricordare questo 2015». Sulle colline tra Imola e Rimini, a vendemmia ultimata, i piccoli artigiani del vino e le grandi cantine (private o cooperative) sono d’accordo: annata da mettere in cornice questa per il sangiovese, il grande rosso che a nord degli Appennini trova in Romagna la sua espressione più importante, mentre a sud della Linea gotica è la base di alcune grandi eccellenze dell’enologia nazionale che si chiamano Chianti, Brunello, Nobile, Morellino.

ROMAGNA regno della biodiversità enoica, 150 chilometri di valli e territori uno diverso dall’altro, una polifonia del gusto ben rappresentata nelle 12 sottozone di pregio della denominazione Romagna Doc Sangiovese. Vendemmia di grande qualità (grazie al clima) e anche di quantità (+10% sul 2014) «una produzione abbastanza piena ma nella media, prendendo in considerazione le ultime 5 vendemmie», sentenzia Giordano Zinzani presidente del Consorzio vini di Romagna. Sedici milioni le bottiglie prodotte nelle terre del Passatore con il sangiovese a fare da padrone (77% del totale). Da vino contadino semplice e popolare, genuina espressione dell’anima romagnola, il sangiovese è stato protagonista negli ultimi 20-30 anni del secolo scorso, di una rivoluzione della qualità che ne ha esaltato le espressioni più territoriali e la capacità di invecchiare e sviluppare complessità. Romagna non un territorio unico ma «un mosaico di terroir – spiega Giorgio Melandri, referente del Gambero rosso in regione - Ci sono le marne e arenarie dei territori più alti con vini sottili e minerali che lasciano la freschezza a dettare il ritmo, e i vini carnosi e materici delle argille più pure. Il Novecento, che ha chiesto all’agricoltura quantità ed efficienza, ha «scacciato» il sangiovese dalle zone alte per portarlo a valle. Da lì sono partiti i progetti di qualità negli ultimi trenta anni, ma le zone alte, quasi dimenticate, stanno tornando ad essere protagoniste perché lì il sangiovese diventa elegantissimo, fresco e teso, con tannini e acidità in grado di affrontare il tempo con disinvoltura ».

DAI TERRITORI del sangiovese viene una spinta crescente verso la qualità: il Consorzio vede sempre nuove adesioni e conta ormai 110 cantine socie. Nei primi 9 mesi del 2015 - informa Zinzani – «dopo diversi anni di livelli più o meno costanti registriamo una crescita del 12% di imbottigliamento di vini doc». E il Consorzio è stato confermato nelle sue funzioni di tutela, valorizzazione e promozione erga omnes per la docg Romagna Albana e per le doc Romagna, Colli di Faenza, Colli d’Imola.

INFINE è arrivato uno spiraglio di luce sulle origine del vitigno, da sempre conteso tra Romagna e Toscana, sospeso tra storia e mito. Lo storico Beppe Sangiorgi sulla base di una rigorosa documentazione storica (un atto notarile del 1672 attesta già all’epoca la coltivazione del Sangiovese nel territorio di Casola Valsenio nell’Appennino faentino) ne individua le origini nel crinale toscoromagnolo – attorno al 1500 - nella zona dei monasteri vallombrosani di Crespino e Santa Reparata (Marradi), Susinana (Palazzuolo sul Senio) e Moscheta (Firenzuola), tre comuni amministrati da Firenze ma posti nel versante romagnolo dell’Appennino.