Martedì 23 Aprile 2024

Una coperta troppo corta

di Giuliano Cazzola

CONTRORDINE compagni! Le pensioni non si toccano. Di flessibilità in uscita non si parlerà nella prossima legge di stabilità. Tutto il dibattito di questi mesi non è altro che – come dice il Qoelet – ‘vuoto e fame di vento’. Non occorreva essere indovini per immaginare che sarebbe finita così. Il governo si è accorto che non è possibile ridurre le tasse e aumentare la spesa in un settore – come quello della previdenza – sorvegliato a vista dalla Ue, dalle istituzioni internazionali e dai mercati. A meno di non dover ricorrere a tagli – socialmente insostenibili – sugli assegni corrisposti in anticipo a persone ancora in grado di lavorare.

IN UNO degli ultimi decreti attuativi del Jobs act viene indicata una soluzione praticabile. Con il ‘contratto di solidarietà espansiva’ sarà possibile prevedere una forma di pensionamento anticipato per quei lavoratori che abbiano un’età inferiore a quella prevista per la pensione di vecchiaia di non più di 24 mesi, abbiano maturato i requisiti minimi di contribuzione e facciano domanda per diventare dei part time . Si tratta di promuovere un mix tra lavoro e pensione, finalizzato, nel contesto del contratto di solidarietà, a conseguire nuove assunzioni. Entro il periodo di anticipazione, il trattamento di pensione è cumulabile con la retribuzione nel limite massimo della somma corrispondente al trattamento retributivo perso al momento della trasformazione del rapporto. Se è più conveniente rispetto al calcolo della pensione, non viene computato il numero delle settimane a tempo parziale.

È ora di finirla, poi, di attribuire ad Elsa Fornero responsabilità non sue. La riforma che porta il nome del ministro del governo Monti ha incorporato misure strutturali varate dall’esecutivo di centrodestra (la ‘finestra mobile’ di un anno per i dipendenti e 18 mesi per gli autonomi; l’aggancio automatico dei requisiti all’attesa di vita; la parificazione dell’età di vecchiaia delle donne a quella degli uomini). Se l’insieme degli interventi di riforma, dal 2004 (legge Maroni) in poi, hanno prodotto una riduzione dell’incidenza della spesa pensionistica sul Pil pari a 60 punti percentuali cumulati a tutto il 2060, di questo ammontare i due terzi dipendono dalle misure adottate prima del 2011 e del decreto Salva Italia.

di Giuliano Cazzola