Giovedì 25 Aprile 2024

Venezia, un Germano 'favoloso' nel Leopardi di Martone/VOTO 8

Il film di Martone è il terzo degli italiani in concorso alla Mostra del cinema

Elio Germano in versione Leopardi e a Venezia

Elio Germano in versione Leopardi e a Venezia

Venezia, 1 agosto 2014 -  Non tanto i trentanove anni di spessa e travagliata esistenza quanto il suo universo poetico avrebbero scoraggiato qualsiasi prova cinematografica. Giacomo Leopardi è pur il poeta di “a me la vita è male” ossia il massimo del pessimismo mai espresso in un verso. Mettere in immagini il cantore ironico delle “magnifiche sorti e progressive” poteva risvegliare pericolosi demoni. Ci aveva pensato Carmelo Bene nelle sue rivisitazioni letterarie, fermandosi poi però a quella sua dizione fatta di materia: phoné e corpo indissolubilmente legati. Mario Martone vi arriva oggi con “Il giovane favoloso” grazie al diritto acquisito attraverso la messa in scena teatrale delle Operette Morali e a quel primo tuffo nel buio dell’ottocento italiano di “Noi credevamo”; ma soprattutto con l’aiuto di Elio Germano, vero saltimbanco pronto a piegare il corpo per raggiungere non tanto la postura voluta dalla tradizione quanto quel dolore necessario a esprimere con dignità versi e parole del poeta.

Martone divide felicemente in tre unità di luogo l’azione: la verticalità di Recanati (i muri di libri e i muri di pietra formano una prigione di cui è guardiano amoroso il padre Monaldo, strappato all’icona di rigido padrone); la circolarità di Firenze , perimetro segnato dalla scoperta dell’amicizia con Ranieri e dall’illusione d’amore per la Targioni Tozzetti; e quindi l’orizzontalità di Napoli città “indiana” confusa, notturna, pericolosa dove la natura si salda con la metropoli: le immagini di Leopardi flâneur, felicemente impreviste, illuminano il film mentre stona un po’ l’episodio della visita al lupanare , unico elemento “aggiunto” rispetto alle fonti conosciute.

Nella scelta di Martone le diverse parti, come d’altronde le diverse fasi della vita del poeta, sono segnate dai due rapporti che il conte Giacomo stabilisce con due figure maschili - ma che la sceneggiatura suggerisce racchiudere anche attenzioni e sensibilità femminili: con il padre (severo ma anche capace di tagliare per lui la carne a tavola o aiutarlo in una minzione difficile) e con Antonio Ranieri premuroso, alacre nell’affetto e, si dica per inciso, finalmente sottratto alla parvenza di opportunista che la storia gli ha assegnato.

Le immagini firmate da Renato Berta, forse il più grande direttore europeo della fotografia vivente, non stancano e senza civettare con quadri o iconografie varie restituiscono la luminosità di un epoca in cui a rivaleggiare con il sole erano fioche candele. Nonostante qualche indugio tipico dell’autore innamorato del proprio soggetto, il film corre e non gli fa velo nemmeno la lettura di alcuni celebri versi. Del resto non è detto che la poesia non si possa anche vedere.

Voto 8