Ancona, 23 ottobre 2011 - Amianto killer, nella causa civile intentata da un gruppo di otto famiglie di operai morti per mesotelioma pleurico o carcinoma, Fincantieri ha presentato una proposta di risarcimento nei confronti dei famigliari delle vittime: 60mila euro per le vedove e 30mila euro per ogni figlio. La transazione è stata rifiutata dalle parti lese, seguite dall’avvocato del foro anconetano Rodolfo Berti. Il processo va avanti. La notizia è di pochissimi giorni fa. Si tratta di una causa lunga e difficile, ma che sta procedendo piuttosto spedita. Un secondo gruppo di famiglie di operai morti per l’amianto, una dozzina, nel frattempo stanno ultimando gli ultimi dettagli prima di partire. A questi potrebbe unirsi pure la causa intentata dai famigliari di Carlo Sarzana, l’ex segretario di fabbrica del cantiere e dirigente Fiom-Cgil morto nel settembre scorso di mesotelioma pleurico.
 

Andando per gradi ora l’attenzione è dedicata alla causa in corso: «La prima parte è terminata — spiega l’avvocato Berti —, quella delle prove testimoniali delle parti. Sia noi che l’azienda abbiamo portato in aula i testimoni che hanno raccontato in quegli anni. Racconti dolorosi e una difesa a volte incredibile. Alcuni dirigenti del cantiere di allora hanno addirittura affermato che le polveri di amianto venivano aspirate dalle stanze di lavorazione e disperse nell’atmosfera, un’aggravante. In realtà in quegli anni in cantiere c’era promiscuità di lavoro, non c’erano mascherine, filtri e impianti di aerazione. Ma soprattutto i dirigenti del cantiere sapevano che l’amianto era letale, c’erano già delle leggi chiare, penso alla 303 del 1957, c’erano studi, esperti e tanta letteratura. Insomma come si dice in questi casi “non potevano non sapere”. L’offerta di transazione avanzata da Fincantieri? Non potevano prenderla in considerazione, è un’offesa alle vittime. Il giudice si è riservato di prendere quei soldi offerti come acconto per i danni subiti dai famigliari delle vittime».
 

Le cause civili avanzano, ma ad Ancona il processo penale per morte da amianto è sempre stato un tabù. Tutte le cause presentate sono state archiviate. Così non è successo in altre realtà nazionali: «Penso a Trieste dove la procura stessa ha respinto la proposta di archiviazione chiedendo ulteriori accertamenti tecnici — spiega l’avvocato Franco Boldrini —, a Palermo addirittura si è arrivati ad una sentenza di primo grado che ha condannato Fincantieri. ravvisare il nesso tra l’esposizione del lavoratore a contatto con l’amianto e le patologie mortali che conosciamo non è semplice, il profilo giuridico è molto complesso. Quanto meno altrove ci hanno provato, ad Ancona non solo non si è mai arrivati a sentenza, addirittura il muro è arrivato subito, con l’archiviazione. Speriamo che la nuova guida della procura della Repubblica possa cambiare il corso di questi dolorosi avvenimenti».