Ancona, 7 giugno 2014 - «Si tratta del più elevato risarcimento mai riconosciuto prima d’ora in Italia ai familiari di operai morti per malattie professionali» L’avvocato Rodolfo Berti, un esperto del settore, da quattro anni segue insieme al figlio Ludovico le storie drammatiche di famiglie di ex operai anconetani che, dopo aver trascorso una vita al cantiere, sono morti di mesiotelioma pleurico. Una malattia terrificante, che dilania il corpo, che divora l’essere umano in pochissimo tempo e che lascia solo disperazione in chi resta. Quattro delle famiglie che hanno chiesto giustizia, la stanno ottenendo. Ma la Procura di Ancona è andata oltre.

Parallelamente ai procedimenti aperti davanti al Tribunale del Lavoro, c’è in piedi una maxi inchiesta penale, condotta da due sostituti procuratori, che racchiude in un unico fascicolo ben 35 casi di morti sospette per mesotelioma e patologie cancerogene polmonari causate dalle esposizioni alle polveri di amianto. Al momento sul fascicolo non è stata iscritta ipotesi di reato: evidentemente gli inquirenti stanno ancora raccogliendo materiale e quanta più documentazione possibile per cercare di chiarire le cause dei decessi e per vedere se in tutte le circostenze esiste una correlazione tra l’esposizione all’amianto e la malattia contratta. Tra questi 35, ben venti sono ex operai Fincantieri deceduti per mesiotelioma e carcinoma.

La procura sta cercando di far luce anche sul caso di una donna, moglie di uno dei quattro ex lavoratori risarciti anche con la recente sentenza della Corte d’Appello del Tribunale del Lavoro, deceduta recentemente. La signora, stando alle informazioni assunte, è morta a causa di un carcinoma. Le cause della malattie potrebbe ricondursi anche in questo caso all’esposizione all’amianto: la donna potrebbe aver aspirato le particelle semplicemente maneggiando le tute da lavoro del marito quando doveva lavarle.
E’ stata già effettuata un’autopsia e si attendono gli esiti degli accertamenti medico-legali.

Dunque il fronte potrebbe aprirsi ulteriormente. E viaggia ora su due binari paralleli: il riconoscimento del danno patito dai deceduti nel periodo di sopravvivenza e la responsabilità delle aziende che non avrebbero posto in essere tutti gli accorgimenti necessari ad evitare l’esposizione costante ai rischi. Gli operai erano stati indennizzati dall’Inail, che aveva riconosciuto loro una malattia professionale per un’esposizione alle polveri di amianto cominciata fin dalla fine degli anni Sessanta.

Andrea Massaro