"Abbiamo litigato e l’ho colpito"

Non fu incidente, ma aggressione. Arrestato un bengalese di 39 anni

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di Pierfrancesco Curzi

"Quell’operaio ha colpito il collega per ucciderlo". È questa la tesi della squadra mobile di Ancona guidata da Carlo Pinto, che conferma il tentato omicidio per H.S., 39 anni, origini bengalesi, ‘capetto’ di una ditta di saldatori in appalto alla Fincantieri. Giovedì la svolta, con la squadra mobile che ha fatto terra bruciata attorno all’uomo, costretto poi a presentarsi in questura per fornire una sorta di ammissione, anche se con alcuni punti da chiarire. Ieri mattina gli investigatori dorici sono andati a prelevare H.S. nella sua abitazione al Piano e, dopo le formalità di rito, il trasferimento in carcere a Montacuto. La decisione della pm, Serena Bizzarri, di far scattare la misura cautelare in carcere in attesa del processo premia la sostanza dell’indagine e il materiale probatorio a disposizione della Mobile, sebbene l’inchiesta non sia ancora chiusa. Al momento non ci sono altri indagati iscritti nel registro, ma i lati oscuri restano. A partire dal martello, l’arma usata per uccidere l’operaio 23enne reo, pare, di non aver svolto il proprio lavoro in maniera idonea e di aver prolungato troppo una pausa. Del martello, una picchetta con la doppia punta, infatti, non è stata ritrovata traccia e soprattutto H.S. non ha fornito indizi per ritrovarlo. L’ombra del caporalato resta appiccicata addosso a questa vicenda, sebbene al momento si tratti di un episodio sfociato nel dramma a seguito di una discussione tra due persone. La ricostruzione dei fatti conferma il ruolo di coordinamento del personale della sezione saldatori per H.S. Un uomo di fiducia del titolare della ditta che in pochi anni è cresciuta in maniera esponenziale scindendosi addirittura in due rami. Il 39enne avrebbe avvicinato il giovane operaio a causa del lavoro mal svolto e dopo un breve alterco ha strappato la mazzetta dalle mani della vittima per poi brandire un colpo secco sulla parte sinistra della fronte.

L’aggressione è avvenuta nel piazzale antistante il Centro 1 di produzione dove vengono imbastiti i blocchi delle future navi da crociera. Una volta a terra in una pozza di sangue, il ferito sarebbe stato trascinato via per alcuni metri verso le parti in lavorazione, stando almeno alla testimonianza di una squadra di dipendenti diretti Fincantieri che stava transitando in auto. Erano le 19 circa e il tramonto ancora lontano. Dal momento in cui è scattato l’allarme e poi si è messa in moto la macchina dei soccorsi e delle indagini, dentro il sito dorico di Fincantieri è calata una nebbia di omertà. Un’atmosfera carica di preoccupazione e ansia, poca voglia di parlare, tanto che la polizia ha avuto grosse difficoltà a raccogliere informazioni utili. Nel frattempo le sorti del ferito restano appese alla speranza di un miglioramento che tarda ad arrivare.

In prognosi riservata da nove giorni, i medici del reparto di rianimazione clinica di Torrette non riescono ancora a risvegliare il paziente. Il colpo alla testa con la punta dell’arnese ha provocato una serie lesione alla calotta cranica che sta provocando delle crisi epilettiche al ragazzo. Il percorso clinico resta lungo e non è chiaro se resteranno delle conseguenze. Soltanto una volta sveglio e cosciente gli inquirenti lo potranno sentire in merito all’aggressione e capire come realmente siano andate le cose in cantiere.