
di Luigi Socci
Dopo Il Crogiuolo di Arthur Miller il pluripremiato regista e attore Filippo Dini torna a confrontarsi con la drammaturgia americana più recente. Agosto a Osage County, della drammaturga Tracy Letts, Premio Pulitzer per il teatro nel 2008, e già meritevole di una riduzione cinematografica con Meryl Streep, è a tutti gli effetti una rivisitazione di quello che un secolo fa si sarebbe definito, sulla scia di Ibsen o Checov, “dramma borghese”. Al centro i conflitti familiari, spesso affrontati tra le quattro mura domestiche o intorno a una tavola imbandita, con i vari personaggi a rinfacciarsi scelte, comportamenti, angherie fatte o subite con la crudeltà e la mancanza di tatto consentibili solo all’interno della famiglia. Ma le dinamiche e le relazioni familiari di cent’anni fa non sono più quelle di oggi e il dramma borghese dei tempi nostri non può
che assumere sfumature più grottesche o tragicomiche, oltre che indagare i nuovi rapporti di forza all’interno della famiglia disfunzionale contemporanea. Ben 12 gli attori in scena (quasi un Kolossal rispetto agli allestimenti italiani recenti) con una netta predominanza, non solo numerica, del sesso femminile. Scritto da una donna, con personaggi femminili complessi e sfaccettati (la tirannica capofamiglia tossica interpretata con attoriale sovranità da una magnetica Anna Bonaiuto, la figlia prediletta, la più saggia e risolta ma proprio per questo destinata a pagare per tutti, dell’ineccepibile ed elegantemente malinconica Manuela Mandracchia) si contornano di figure maschili deboli, meschine e bidimensionali: il (presunto) capofamiglia alcolizzato che preferisce farla finita, il Bill di Filippo Dini alle prese con la crisi di mezz’età, lo Steve arrapato cronico di Fulvio Pepe che mette sapientemente a frutto le risorse comiche fornite dal personaggio. Sullo sfondo la presenza silenziosa (ma che sa agire, quando è il caso di farlo) della serva nativa americana Osage che, alla luce della storia raccontata dall’ultimo bellissimo The Killing of the Flower Moon di Martin Scorsese, illumina il testo di un sottofondo politico inaspettato. Notevoli le scenografie mobili di Gregorio Zurla e le luci di Pasquale Mari che le assecondano. Ancora in scena alle Muse di Ancona questa sera alle 20.45 e domani pomeriggio ore 16.30.