Muore per amianto, condannata Fincantieri

L’azienda dovrà pagare un milione di euro ai familiari di Mario Giorgini

Fincantieri (foto Ansa)

Fincantieri (foto Ansa)

Ancona, 21 novembre 2015 - «L’azienda ha tenuto un comportamento gravissimo, una condotta odiosa nei confronti di un suo dipendente». Il commento fa parte dell’apparato della sentenza emessa l’altra mattina dal giudice del lavoro del tribunale di Ancona, Andrea De Sabbata, con cui, di fatto, ha condannato la Fincantieri a risercire un milione di euro ai familiari di Mario Giorgini, difeso dallo studio legale Berti, per decenni operaio al cantiere navale di Ancona, per decenni a contatto con la polvere mortale di amianto.

Nel 2006 la terribile diagnosi, senza via di scampo: mesotelioma pleurico. A cui sono seguito tre anni di inferno per lui e per i suoi familiari, costretti ad assistere al disfacimento fisico di un uomo che aveva dedicato la sua vita al lavoro e al mantenimento dei propri cari. Proprio questo particolare, umanamente decisivo, ha spinto il giudice a emettere la sentenza esecutiva che imporrà a Fincantieri di pagare all’istante, pronta ovviamente ad opporsi in appello.

I guai, in questo senso, per il colosso nazionale della cantieristica potrebbero non essere finiti qui per quanto concerne il caso di Giorgini. La sentenza non si ferma all’ambito lavorativo, ma sfocia nel giudizio civile ordinario, in quanto il giudice De Sabbata ha soppesato le sofferenze dei familiari di Giorgini, loro non dipendenti di Fincantieri, sofferenze ingiuste e immeritate. Per questo Fincantieri dovrà difendersi anche in sede civile.

Giorgini aveva lottato duramente contro una malattia inesorabile, tre lunghi e disperati anni, fino a quando, nel 2009, la sofferenza era venuta meno, paradossalmente un sospiro di sollievo per tutti. A questo porta chi si ammala di mesotelioma da amianto e chi si trova a condividere da vicino il calvario: «Una sentenza importante, ben scritta e che segnerà un passaggio chiave in tutte le cause per amianto intentate dai familiari di ex dipendenti del cantiere navale – sostiene l’avvocato Rodolfo Berti –. Una sentenza giusta, di per sé clamorosa, che contribuisce a ridare quanto meno un senso al sacrificio di queste persone. Il passaggio della condotta odiosa è vitale, in quanto rappresenta un’aggravante nei confronti dell’azienda. Un termine che raramente un giudice inserisce all’interno della sentenza, solo per casi davvero gravissimi. Il fatto che l’abbia inserita in questo caso è un chiaro segno».