Ancona, 4 febbraio 2023 – "No, lavorare in questo pronto soccorso è troppo duro per me. Cercherò altre soluzioni". Sono state queste le parole di un medico a gettone ingaggiato nelle scorse settimane dall’Ast di Ancona (l’ex Area Vasta 2) per coprire dei turni al pronto soccorso dell’ospedale di Jesi. Il soggetto in questione, mai stato in servizio in un pronto soccorso, proviene da un’altra regione e ha 78 anni. Un’età piuttosto avanzata per sostenere il peso e le responsabilità di un reparto così delicato in un ospedale che non sarà quello di Torrette, ma tuttavia ha una forte affluenza di pazienti visto che serve un bacino d’utenza molto ampio. Per quel turno di notte, portato a termine con difficoltà ed estremo sacrificio prima di sparire altrove, il pensionato di 78 anni si è portato a casa quasi 1500 euro lorde. È questa la direzione che la sanitaria marchigiana e nazionale stanno prendendo. Un fenomeno in preoccupante incremento nella nostra regione e negli ospedali del territorio (unica eccezione il pronto soccorso di Torrette che però ha altri problemi).
Attraverso delle fonti sindacali siamo riusciti a ricostruire un dato numerico molto interessante. Nel mese di febbraio il pronto soccorso di Jesi dovrà fare affidamento ai medici delle cooperative private per 16 notti su 28 (a cui se ne devono aggiungere 4 garantite da personale medico volontario interno all’ospedale in arrivo da altri reparti, neurologi in particolare, anch’essi pagati a gettone, ma molto meno dei colleghi delle coop). Calcolatrice alla mano, soltanto per il pronto soccorso di Jesi nel mese di febbraio l’Ast, ergo la Regione ergo i contribuenti, pagheranno un prezzo molto salato: euro più euro meno circa 24mila euro. Parliamo di medici, lo ripetiamo, che non hanno alcuna esperienza di pronto soccorso, spesso di età superiore a settant’anni a cui non poter affidare alcuna responsabilità. Invece di incentivare i medici pubblici di pronto soccorso, che per ricoprire quel ruolo hanno dovuto sostenere un concorso specifico in medicina d’urgenza, si preferisce una strada molto più onerosa e meno efficace per risolvere le lacune dei reparti più delicati della sanità pubblica.
Una pessima notizia per medici assunti dal pubblico che, nel gioco dei turni e delle ore svolte guadagnano in media circa 120 euro a notte, mentre un medico della cooperativa ne porta a casa dieci volte tanto per una sola notte. Col sistema delle cooperative le istituzioni pagano di più, ma la legge consente di utilizzarli grazie a una voce di spesa differente: il tetto al personale è stato raggiunto e non può essere splafonato, perciò ci si rivolge al settore ‘acquisti e logistica’.
Jesi è soltanto uno dei tanti ospedali delle Marche dove ormai le cooperative sono entrate in pianta stabile con prospettive e orizzonti molto positivi. In alcuni casi addirittura sono diventati la maggioranza dei medici in servizio. La richiesta delle loro prestazioni è in crescita di fronte al calare dei giovani specializzandi che alla fatica, agli insulti e a turni massacranti preferiscono operare in reparti professionalmente più agevoli.