Omicidio di Ancona, "Tagliata era pienamente in sé quando uccise"

Nuova perizia sul killer dei genitori della fidanzatina

Antonio Tagliata

Antonio Tagliata

Ancona, 22 marzo 2018 - Era in uno stato di confusione, ma Antonio Tagliata  era completamente capace di intendere e di volere il 7 novembre del 2015, quando sparò all’impazzata nell’appartamento di via Crivelli in cui viveva la fidanzatina Martina Giacconi, uccidendo sul colpo la madre Roberta Pierini e facendo finire in coma il padre Fabio, morto dopo 23 giorni di agonia.

È quanto si legge nella relazione dello psichiatra Giovanni Battista Camerini di Bologna, specializzato in neuropsichiatria infantile, incaricato dalla Corte d’Appello di Ancona di valutare le condizioni del killer, reo confesso, che ha compiuto 22 anni lo scorso febbraio. Secondo il perito il giovane viveva in uno stato emotivo disturbato nel periodo in cui si è consumato il delitto, ma non aveva patologie psichiatriche capaci di alterarne la capacità. Erano stati i legali della difesa a chiedere una nuova perizia: una incapacità anche parziale avrebbe infatti significato una riduzione della pena, che in primo grado è stata di 20 anni per duplice omicidio premeditato. La condanna stabilita dal giudice Paola Moscaroli con il rito abbreviato, il 22 dicembre 2016, non aveva tenuto conto della perizia stilata per il procedimento di primo grado dal professor Vittorio Melega, secondo il quale il killer di via Crivelli ha una capacità di intendere e di volere gravemente scemata: il giudice aveva valutato Antonio Tagliata un killer «lucido e spietato» e non aveva ritenuto attendibile la relazione del perito interpellato nel 2016.

La decisione di affidare una nuova perizia era stata presa dai giudici della Corte d’Appello il 25 ottobre, cui il 29 novembre era seguita la nomina di Camerini. Per mercoledì prossimo è attesa la sentenza di secondo grado e in udienza sono attesi anche i familiari delle vittime, che hanno partecipato a tutte le fasi del processo, come i genitori di Tagliata. Se il collegio difensivo puntava a una riduzione della condanna per incapacità dell’imputato, la procura generale chiede invece una pena più severa, ritenendo che al 20enne non vadano applicate le attenuanti, che non sono state riconosciute nemmeno a Martina Giacconi, figlia delle vittime, ritenuta complice e addirittura ispiratrice del delitto e condannata in via definitiva a 16 anni. La Cassazione, nel caso di Martina, si è espressa il 7 novembre, nel giorno del secondo anniversario del delitto.