Appalti truccati, gli imprenditori ascolani parlano "La bottiglia magnum? Era solo spumante"

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Tangenti per pilotare gli appalti della Regione per i lavori sui tratti fluviali, parlano gli imprenditori ascolani, i fratelli Matteo e Stefano Rozzi della ditta DueZeta Costruzioni. Lunedì, durante l’interrogatorio di garanzia fissato dopo gli arresti effettuati il 14 giugno scorso dai carabinieri forestali di Ancona, per l’operazione "Mystic River", hanno risposto alle domande della gip Sonia Piermartini spiegando le proprie posizioni e rigettando le accuse di corruzione e turbativa d’asta per guadagnare lavori come ipotizza invece la Procura dorica. Matteo, 49 anni, che nell’attività ricopre il ruolo di amministratore unico, ha specificato di non aver "mai dato denaro" al funzionario regionale con ufficio a Pesaro, Euro Lucidi, e che i ribassi per la gara dei lavori nel comune di Ripatransone, sul fiume Tesino, quella da oltre 900mila euro finita nel mirino del pm Andrea Laurino, erano in linea con i ribassi fatti da altre ditte per altri lavori eseguiti sullo stesso fiume e non dalla DueZeta. Quindi ribassi normali e non per essere favoriti. Su un regalo di Natale che gli imprenditori avrebbero fatto avere al funzionario è stato il fratello Stefano, 59 anni, direttore tecnico dell’azienda, a chiarire alla gip che "era solo una bottiglia magnum di spumante" fatta a Lucidi come ad altre persone a cui La DueZeta era legata e voleva essere solo un omaggio vista la festività vicina. "Cose non di valore – ha puntualizzato il loro avvocato Mauro Gionni – di sicuro non un provento corruttivo. Lavorando nel settore interloquivano costantemente con chi rappresentava la Regione ma solo per avere informazioni sui tipi di lavori che potevano fare, non per pilotare appalti". Con il funzionario regionale la ditta ascolana lavorava da almeno dieci anni e tra loro si era creato un clima amichevole "ma non per modificare gli esiti delle gare – hanno ribadito i fratelli – era solo lavoro". Anche i pranzi offerti sarebbero state cose da poco, dovendo spesso incontrarsi per sapere che lavoro dovevano fare "capitava che si mangiasse fuori – hanno specificato i fratelli – con spese di massimo 20 euro". I fratelli Rozzi sono agli arresti domiciliari e ieri, tramite il loro avvocato, hanno fatto richiesta alla gip per avere il permesso per uscire di casa e andare al lavoro. "Non sono stati interdetti – ha specificato Gionna – hanno del lavoro da mandare avanti in azienda dove gli unici riferimenti operativi sono loro". Oltre a loro le misure cautelari hanno riguardato altre sei persone, 5 sono imprenditori e il sesto, l’unico finito in carcere è Euro Lucidi, 63 anni, di Senigallia, funzionario tecnico specialista nel settore della tutela del territorio.