Botte e minacce perchè doveva vivere come i rom: a processo una famiglia

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Controllata a vista e obbligata a vivere con le regole della comunità rom. Il compagno doveva darle il permesso di parlare, "apri bocca quando te lo dico io perché sono io che comando" le diceva, i suoceri decidevano il resto, anche sul suo bambino appena nato. Glielo avrebbero concesso solo per l’allattamento, perché spettava ai nonni paterni decidere su tutto, negandole persino un pediatra per le necessità del piccolo perché avrebbero provveduto loro. Così avrebbe vissuto per un anno una giovane senigalliese, oggi 27enne, dopo essersi messa con un ragazzo di qualche anno più piccolo di lei e di origine rom. Tra il 2019 e il 2020 avrebbe subito percosse, minacce e perfino persecuzioni quando aveva deciso di tornarsene dalla sua famiglia perché esasperata e avvilita. L’ex fidanzato e la sua parentela sono finiti a processo per maltrattamenti aggravati in famiglia, lesioni aggravate e stalking. Ieri il procedimento, davanti al collegio penale presieduto dalla giudice Francesca Grassi, è entrato nel vivo con le testimonianze della vittima, parte civile con l’avvocato Jacopo Saccomani, e della madre di quest’ultima che hanno ripercorso i fatti denunciati alla squadra mobile. La richiesta di aiuto fatta alla polizia, a novembre 2020, le ha poi permesso di finire in una comunità protetta dove si trova ancora con il figlioletto. Pesanti le accuse al nucleo rom, difeso dagli avvocati Matteo Bettin (i genitori) e Stefano Gerunda (per l’ex compagno), che vive a Falconara, la città dove si sarebbero consumati i fatti. La coppia era andata a convivere a casa dei genitori di lui, dopo che lei era rimasta incinta. Lì sarebbero iniziati i problemi. Il nucleo familiare, che rigetta ogni accusa, voleva farla vivere come vivono le donne rom. Quando la 27enne era incinta di tre mesi lui l’avrebbe presa a schiaffi facendola cadere a terra e riportando una prognosi di 5 giorni. Poi le avrebbe impedito di uscire con le amiche, obbligandola a mettere il naso fuori casa solo se accompagnata dai suoceri. Nel periodo della convivenza, stando alle accuse, lui e i suoi genitori le controllavano il cellulare e i social a cui era iscritta. Lui la denigrava accusandola di avergli rovinato la vita, i suoceri l’avrebbero seguita fino a casa dei nonni materni dove si era rifugiata per un periodo, attaccandosi al citofono per farla ritornare dal figlio. A luglio del 2020 l’ex compagno l’avrebbe schiaffeggiata in strada, a Marzocca, buttandola per terra, durante una passeggiata con il bimbo. E ancora sarebbe arrivato a minacciarla di sbatterla fuori casa così: "Ti giuro sulla mia razza che se ti ritrovo qui quando torno ti fracasso di botte". Ieri la 27enne ha riferito, nella sua testimonianza, che i suoceri "volevano che io davo da mangiare a mio figlio il cibo prima masticato da loro". I rom hanno il divieto di avvicinamento a mamma e figlio.

Marina Verdenelli