Caccia, lo stop della Regione Marche scatena le polemiche ad Ancona

Dopo la sentenza sui siti protetti e gli incidenti degli ultimi giorni

Caccia, il piano della Regione scatena le polemiche (foto di repertorio)

Caccia, il piano della Regione scatena le polemiche (foto di repertorio)

Ancona, 27 ottobre 2018 - Martedì il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato da Lega Anticaccia e Wwf impedendo, con effetto immediato, la caccia nei siti Natura 2000. A seguito di un ulteriore ricorso presentato dalle due associazioni ambientaliste i giudici hanno emanato la sentenza 5.165 per difendere una rete di aree destinate alla conservazione della diversità biologica nell’Ue. Tacciono le carabine dunque, ma non le polemiche. Sì perché se questa sentenza è una vittoria per gli ambientalisti e una sconfitta per i cacciatori, da una più approfondita lettura si capisce come le parole usate dal Consiglio di Stato siano rivolte alla Regione Marche e all’ultimo piano venatorio che aveva da subito scatenato parecchie proteste: «Bisogna anche in questo caso rimarcare, come questo Consiglio ha già osservato in un’altra occasione – si legge nella sentenza –, l’assenza, ormai da tempo, di una generale, approfondita, attualizzata, consapevole e generale pianificazione faunistico-venatoria a livello regionale».

Il problema cioè, non ha a che fare con la battaglia pro o contro la caccia. Il problema è che l’attività venatoria regionale non ha avuto un piano degno di questo nome, creando «zone grigie» che diventano un pericolo per l’ambiente: «Sussiste un grave e irrimediabile danno, nelle more del giudizio, con riferimento all’esercizio della caccia nei siti Natura 2000». Per quanto riguarda la provincia di Ancona parliamo di siti fragili e meravigliosi, come l’area del Conero, quella di Frasassi e quella dell’Esino, dove già è presente un’oasi Wwf. Rientrano in questa classificazione le Zps (Zona di protezione speciale), le Sic (Siti di importanza comunitaria) e gli Zsc (Zone speciali di conservazione).

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Cacciatori e ambientalisti, loro malgrado, dalla stessa parte della barricata: entrambi sono imbufaliti con la Regione per il caotico piano faunistico, caos che ha poi portato alla sentenza del Consiglio di Stato sui Siti Natura 2000. Di fatto i giudici hanno «messo una pezza» al calendario venatorio della Regione che fa un danno a tutti: animali, ambientalisti e cacciatori che perderanno soldi e saranno passibili di multe salate. Per non parlare di chi non è interessato né alla caccia né alla difesa degli animali: diversi gli ultimi fatti di cronaca legati a incidenti di caccia vicino alle case. Colpi di fucile nella zona dell’eremo di Montefano, mentre i fedeli sono a messa, gli amanti si avventurano tra i sentieri, così come bikers e cercatori di funghi. Colpi esplosi vicino alla strada a Sirolo. Un gatto domestico ferito a Sappanico appena l’altroieri, con conseguente panico da parte del proprietario.

«Il problema è che quel piano faunistico – spiega Danilo Baldini, Lega anticaccia Marche – si basa su dati non aggiornati e crea pericoli per gli animali e l’ambiente, non tenendo conto dei censimenti né di come il territorio è mutato. La sentenza lo dimostra senza appello». «Nel Pac 2014-2020 – spiega Ornello Radini, che parla invece a nome di Federcaccia Jesi – la Regione ha preso un miliardo e 200 milioni di euro dall’Ue per occuparsi di fauna e ambiente. Ma pur con tutti questi soldi, non è riuscita a fare un piano venatorio accettabile, creando un caso unico in Italia e coinvolgendo addirittura il Consiglio di Stato».

E Ivo Amico, presidente provinciale della Fidc (Federazione italiana della caccia), è della stessa idea: «La legislazione non va bene e adesso è un danno inimmaginabile per noi cacciatori». Cacciatori infuriati e animalisti in festa? Neanche per sogno. Se da un lato si esulta per la sentenza che fa da apripista e per la battaglia vinta, dall’altro si è consapevoli che proprio questa sentenza squarcia il velo su una situazione caotica e pericolosa per tutti: «Un ottimo risultato – commenta Jacopo Angelini, Wwf Marche – certo. La Regione non ha tenuto conto del Piano venatorio, scaduto, e questo è il risultato. Un fulmine a ciel sereno anche per i cacciatori che dovranno pagarne le conseguenze»

In tutto questo discorso si inserisce un altro grave problema, quello dei cinghiali: «Che i selezionatori non risolvono in realtà – spiega ancora Baldini della Lac –. Infatti il numero degli ungulati non è diminuito e anzi, l’attività di questi selezionatori crea più danni che altro. Se viene colpito un capobranco, cosa che accade spesso, gli esemplari giovani si disperdono, arrivando vicino alle case, e dando vita ad altri branchi; inoltre l’istinto – spiega ancora – li porta a riprodursi di più». E infatti circa un mese fa un’altra sentenza ha fatto discutere: quella di un agricoltore danneggiato dagli ungulati che ha tirato in ballo l’Ambito Territoriale di Caccia Ancona Uno, l’istituzione pubblica che gestisce per conto della Regione il territorio di caccia con annessa la fauna.