Caporalato Senigallia, 30 braccianti in un sottotetto. Nei guai due 'capi'

Lunga indagine della polizia che ha portato ad arrestare un pakistano e denunciare il socio. Sfruttavano migranti utilizzati nelle aziende agricole

I giacigli nel sottotetto

I giacigli nel sottotetto

Senigallia (Ancona), 22 maggio 2020 – Scoperti 30 braccianti in un sottotetto a Senigallia, venivano sfruttati nei campi dai loro 'caporali'.  Lotta al caporalato, i poliziotti della Squadra mobile e del Commissariato di Senigallia, al termine di una prolungata e complessa attività di indagine, hanno arrestato un pakistano e denunciato un suo connazionale. I poliziotti hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Ancona su richiesta della Procura, a carico di un uomo di origine pakistana e denunciato il connazionale, entrambi in regola con il permesso di soggiorno e in azione sul territorio senigalliese ed aree circostanti.

I due sono ritenuti responsabili di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, leggi caporalato, ma anche per fatti connessi ad episodi di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. L’attività di indagine si è protratta per oltre un anno: è partita lo scorso anno ed è stata condotta in collaborazione con il personale dell’Ispettorato territoriale del Lavoro di Ancona. L'indagine ha consentito di far emergere plurime e reiterate condotte di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro da parte di due soggetti pakistani. Il primo in qualità di titolare di un’impresa individuale e il secondo, in veste di co-gestore della stessa . Nei fatti secondo l’accusa, i due assumevano ed impiegavano operai, per lo più connazionali, per lavori presso terzi. Ma corrispondendo loro retribuzioni palesemente discordanti da quelle previste dai contratti collettivi nazionali e territoriali di lavoro e, comunque, inadeguate rispetto alla quantità del lavoro prestato. Ciò in totale violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, assoggettandoli anche a metodi di sorveglianza e fornendo loro situazioni abitative degradanti. I due si sarebbero approfittati dello stato di bisogno dei lavoratori coinvolti che si trovano in condizioni di grave difficoltà economica e necessità del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno.

In particolare, i braccianti, una volta reclutati dagli indagati, venivano destinati all’impiego presso svariate aziende agricole della provincia, con le quali i correi avevano preventivamente stipulato contratti di appalto di manodopera, statuendo compensi ai lavoratori inferiori a 5 euro l’ora, in palese difformità con quanto previsto dal contratto collettivo nazionale per gli operai agricoli e florovivaisti.

Dal magro importo, inoltre, gli indagati prelevavano forzatamente una quota a titolo di spese sostenute per il vitto, l’alloggio e il trasporto dei braccianti nelle aziende agricole interessate. Ma non basta perchè in busta paga, veniva riportato un monte ore inferiore a quello effettivamente svolto dai lavoratori, omettendo di denunciare le effettive giornate di lavoro nel Libro unico dipendenti. Gli sfruttatori costringevano gli operai a consegnare loro i documenti di identità e i permessi di soggiorno, così da assicurarsi il rispetto delle regole e dei turni di lavoro imposti e impedendone così l’allontanamento. Le maestranze, infine, dimoravano nel sottotetto di un’immobile sito a Senigallia, dove sono state riscontate gravi deficienze strutturali e igienico-sanitarie. Qui sarebbero arrivati a convivere contemporaneamente fino a 30 lavoratori.