Cena della disobbedienza, aumentano i ristoratori in rivolta

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"#Ioapro", la paura è palpabile ma cresce la mobilitazione che domani vedrà migliaia di ristoratori e gestori di locali alzare comunque la saracinesca, nonostante i divieti del governo nazionale. Per ora ad aderire in provincia di Ancona sarebbero poco meno di una decina di locali, molti dei quali rilanciano a suon di hashtag #io apro, sui social network, il loro grido di protesta. Diverse anche le prenotazioni e le richieste di informazioni ricevute. Ma c’è anche chi sceglie il basso profilo, senza pubblicizzare troppo l’apertura per paura di ricevere sanzioni. In particolare ieri a creare titubanza tra gli esercenti, anche quelli più convinti dell’assurdità della situazione che li vede coinvolti, la notizia delle sanzioni al ristoratore di Cingoli che aveva deciso di non rispettare le regole e aprire comunque. Spaventano le multe ai clienti anche se l’organizzazione nazionale che sta dietro alla mobilitazione assicura copertura legale in caso di sanzioni con l’intenzione di impugnarle in tribunale.

Ieri a sostegno della giornata di mobilitazione che potrebbe allungarsi per tutto il finesettimana è arrivato un video carico di rabbia di Vittorio Sgarbi che ha gridato urbi et orbi di essere stato sanzionato assieme ai gestori dei locali. "Ci hanno tolto tutto siamo sull’orlo del fallimento. Cosa volete che siano eventualmente alcune sanzioni da 400 euro?". E’ il grido di alcuni di loro che esortano ad aderire.

A trainare l’iniziativa è il ristoratore pesarese Umberto Carriera che sta diffondendo porta a porta la necessità di mobilitarsi e prendere coraggio per dire basta ai provvedimenti governativi che li stanno mettendo in ginocchio. La mobilitazione spontanea è un grido d’allarme che esprime la voglia di "poter lavorare e continuare ad accogliere nella massima sicurezza i clienti come siamo stati in grado di dimostrare" spiegano.

Le adesioni sono in continua evoluzione ma ci sono locali che annunciano la propria partecipazione da Ancona e da tutta la provincia, Jesi, Senigallia, Loreto, solo per citarne alcuni. Chiedono di lavorare per poter mantenere dipendenti e costi fissi: affitto dei locali e bollette in primis. Molti di loro sostengono di attendere ancora i famigerati ristori o nel caso siano arrivati siano insufficienti a ripagare il danno economico. Da segnalare la solidarietà tra esercenti: alcuni baristi che hanno deciso di non aderire promettono di partecipare alle cene in altri locali così da sostenere quelle attività.