Condannato l’"amico" nigeriano di Oseghale

Sei mesi per pedopornografia al 31enne Destiny Imariagu entrato nell’inchiesta dell’omicidio Mastropietro con l’ipotesi di spaccio

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Scampato al processo per il delitto di Pamela Mastropietro è finito in tribunale per detenzione di materiale pedopornografico. Torna agli onori della cronaca il nome di Destiny Imariagu, nigeriano di 31 anni residente ad Ancona e sospettato di poter essere uno dei pusher che a Macerata avrebbe rifornito Innocent Oseghale, il principale accusato della morte della 18enne romana trovata a pezzi dentro ad un trolley il 30 gennaio del 2018. Il 31enne, attualmente in carcere per problemi legati sempre alla droga, era finito in una inchiesta per spaccio coordinata dalla Procura dorica, nell’estate del 2018, a diversi mesi di distanza dal delitto Matropietro e non legato a quei fatti. Indagando su di lui il pm Valentina Bavai aveva dato mandato al consulente tecnico Luca Russo di esaminare il cellulare di Imariagu e all’esito dell’accertamento, era fine luglio del 2018, era emerso che il dispositivo conteneva un video i cui contenuti erano relativi ad atti sessuali tra due bambini minorenni e una donna. Questo aveva portato la Procura a procedere quindi per il reato di detenzione di materiale pedopornografico. Come quel video si trovasse sul suo telefonino non era stato spiegato dall’imputato al quale non era stata addebitata anche la produzione. Il procedimento nei suoi confronti è andato avanti e martedì il giudice Carlo Cimini lo ha condannato a sei mesi di carcere. La pena minima. L’imputato era difeso dall’avvocato Antonio Gagliardi. Il nigeriano sarebbe stato estraneo a quel video, finito sul suo cellulare, è stata la tesi difensiva, probabilmente perché inviato da qualche sua conoscenza insieme a tanto altro materiale e del quale non si sarebbe reso conto della gravità delle immagini tanto che lo stesso video era rimasto anche in memoria e non cancellato. Il telefonino aveva solo quelle immagini e non c’era altro riconducibile a materiale pedopornografico. La singola detenzione però non ha evitato la pena benché minima per quel tipo di reato. Uscite le motivazioni il nigeriano potrà valutare se ricorrere in appello. Il suo nome era emerso ai tempi del delitto della giovane Pamela, perché avrebbe partecipato ad attività di spaccio anche nella piazza maceratese. Il 31enne sarebbe passato per la stessa Onlus di Oseghale che gestisce i richiedenti asilo e nello stesso periodo. Si era parlato di lui anche in relazione alla mafia nigeriana. Imariagu, sentito ad agosto 2018, quando era in carcere a Montacuto (per spaccio) aveva raccontato come lui era riuscito ad uscire da quel giro e che in Italia era arrivato con un barcone dalla Libia, ad agosto 2014. Oseghale aveva detto di non conoscerlo.

Marina Verdenelli