Contagio Hiv ad Ancona, il calvario delle donne. "Sì, sono stata con lui"

Una decina quelle si sono presentate alla polizia. Ora temono di avere diffuso il virus in famglia. E il sospetto è che tante tacciano per vergogna

L'arresto di Claudio Pinti

L'arresto di Claudio Pinti

Ancona, 24 luglio 2018 - "Sono sieropositiva. E’ stato Claudio Pinti a contagiarmi". Una frase che gli agenti della Squadra mobile, nell’ultimo mese, avrebbero sentito ripetere per almeno dieci volte dalle presunte vittime dell’untore. Proprio i poliziotti di via Gervasoni, su delega del procuratore facente funzione Irene Bilotta e del sostituto Marco Pucilli, stanno portando avanti le indagini sull’untore dell’Hiv, che si è vantato di aver consumato 228 rapporti non protetti durante la sua carriera da latin lover, nonostante dal 2009 sapesse con certezza di essere sieropositivo.

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Un calvario quello che stanno vivendo le donne che hanno avuto una relazione sessuale con il 35enne. Alcune temono di aver diffuso il contagio anche in ambito familiare. Le donne che hanno contattato la Questura nelle ultime settimane risiedono tutte nell’Anconetano, ma avrebbero conosciuto Pinti in luoghi virtuali, ossia i siti per annunci e i siti specializzati. Tutte stanno affrontando il terrore, ma anche la vergogna, legata al contagio dell’Hiv.

Proprio per questo gli uomini della Squadra mobile mantengono il più stretto riserbo sulla vicenda e ovviamente sull’identità delle vittime, che attendono l’esito di ulteriori analisi prima di sporgere denuncia. La sensazione è però purtroppo che le potenziali vittime dell’untore siano molte di più e che, di fronte alla notizia dell’arresto, si siano limitate a svolgere gli accertamenti sanitari, senza segnalare nulla agli inquirenti per timore che la loro identità possa essere svelata.

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Al momento Pinti è indagato per le lesioni gravissime all’ultima fidanzata, che a maggio si è scoperta sieropositiva dopo aver frequentato per tre mesi il 35enne: l’uomo non le aveva detto di essere affetto da Hiv e anche di fronte all’evidenza aveva negato l’esistenza della malattia.