Strage di Corinaldo, il sindaco di Senigallia. "E' anche colpa nostra"

La critica del primo cittadino

Nel riquadro il sindaco di Senigallia

Nel riquadro il sindaco di Senigallia

Senigallia (Ancona), 2 gennaio 2019 - E’ tornato a parlare della tragedia della discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, nella quale la notte del 7 dicembre sono morti cinque giovanissimi e una mamma, il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi. Nel suo discorso di fine anno alla cittadinanza non ha usato mezzi termini e ha lanciato moniti precisi per rafforzare il senso di comunità e dire basta all’omertà. Senigallia non aveva mai fatto i conti con una strage così grande e la città non riesce a superare il lutto. 

LEGGI ANCHE La difesa: "Il 17enne non era a Corinaldo" - La fiaccolata a Senigallia (FOTO) «Quello che proviamo è un dolore acuto, una pena nel profondo del cuore per tutte le persone che sono state colpite in quella maledetta notte. Dolore immenso per le vittime, i nostri ragazzi e le nostre ragazze, per una madre che era là perché voleva proteggere sua figlia. Per le famiglie private del loro amore. Dolore per i feriti, per le centinaia di giovani che erano là e che d’improvviso sono stati catapultati in una scena di devastazione. Giovani che dovranno fare i conti per tanto tempo ancora con i fantasmi di quella terribile notte». 

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Come si esce da questo buco nero?

«C’è un solo modo: mostrandoci una comunità. Che significa nient’altro che mettere in comune con gli altri i valori che ci fanno riconoscere. Mettere in comune sogni, aspirazioni da realizzare ma anche un dolore che avvolge tutti, una pena che condividiamo. Una città che si fa comunità può tentare di lenire quel dolore, può sostenere chi è maggiormente colpito facendogli sentire la vicinanza di tutti, può tentare di elaborare quel lutto in nome di un’appartenenza più grande, in virtù di un calore umano più potente». 

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Al dolore si aggiunge anche il bisogno di giustizia per una tragedia che poteva essere evitata.

«Alla comunità compete anche il dovere di far chiarezza su quello che è necessario fare perché tutto questo non accada mai più». 

Asia Nasoni

In che modo?

«Dobbiamo mettere in discussione le regole imperanti che mettono la legge del profitto al di sopra di ogni altra cosa e che in nome di un facile guadagno autorizzano ad infischiarsi delle norme di sicurezza. Dobbiamo mettere in discussione il peso di un’omertà che riguarda anche tutti noi che da tanto sentivamo dire che in certi locali entrano tante, troppe persone e che così non si poteva più andare avanti, ma che abbiamo preferito mettere la testa sotto la sabbia; dobbiamo interrogarci sui danni che rischia di produrre quel nostro eterno confidare sulla buona sorte piuttosto che sulla programmazione di una seria opera di prevenzione». 

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Genitori e figli, un binomio spesso difficile da gestire.

«Dobbiamo metterci in discussione anche e soprattutto come genitori, incapaci come spesso siamo di metterci in ascolto dei nostri figli, sempre più smarriti quando siamo chiamati a svolgere la difficile funzione dell’educare e quando siamo chiamati a fornire esempi. Dobbiamo prendere esempio proprio dai nostri figli, dalla forza che i nostri giovani hanno dimostrato confortandoci in un momento così doloroso e dal coraggio dei tanti ragazzi che quella notte si sono prodigati per salvare i loro coetanei».