Costretta a convertirsi all’Islam Quattro anni tra botte e umiliazioni

Tunisino condannato a 4 anni e a un risarcimento di 30mila euro a una 33enne venezuelana vittima di abusi. Ha confidato che doveva per forza indossare il velo perchè il compagno non la considerava una brava donna

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di Marina Verdenelli

Picchiata, umiliata e costretta a convertirsi all’Islam. E’ quanto avrebbe subito una donna dopo una convivenza con un tunisino durato diversi anni. Lui, 31 anni, di religione musulmana, l’avrebbe obbligata a vivere nel suo modo, una vita fatta di sola casa, niente uscite se non concordate e controllate. Se lei fiatava sarebbero state botte e minacce di morte. Quattro anni da incubo fino a quando, nel 2016, ha trovato il coraggio di denunciare dopo essere finita in ospedale con una spalla contusa perché il compagno l’aveva presa a pugni. Per l’uomo sono iniziati i guai con la giustizia.

La denuncia ha fatto il suo corso e lui è finito a processo per maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate. Ieri è stato condannato a 4 anni di carcere dal giudice Corrado Ascoli oltre ad un risarcimento danni di 30mila euro da dare alla donna. I fatti contestati si riferiscono ad un arco temporale che va da giugno del 2012 a giugno del 2016 quando poi la vittima si è rivolta alle forze dell’ordine per far fermare il marito violento. A spingere la donna, 33enne, venezuelana, a denunciare, era stato proprio un ultimo atto di violenza subita. In casa era scoppiata una discussione. Lui era nervoso, non riusciva a trovare lavoro, e se la sarebbe presa con lei. Prima l’avrebbe presa a schiaffi e poi a pugni. Uno, dritto alla spalla, le aveva causato una lesione importate tanto da farla finire in ospedale. E’ stato lì che poi ha confidato le altre vessazioni subite, anche davanti al figlio minorenne, compresa quella di aver dovuto indossare il velo ed essersi convertita all’Islam perché il compagno l’accusava di non essere una brava donna e nemmeno una brava madre. La 33enne non sarebbe stata nemmeno libera di uscire.

L’imputato, difeso dall’avvocato Elena Martini, ha sempre respinto le accuse parlando di convivenza difficile e litigi di coppia. Sul velo sarebbe stata la donna a volersi convertire, liberamente, ma poi ci avrebbe ripensato e il compagno le avrebbe solo ricordato che una volta fatta la scelta non poteva tornare indietro ma non l’avrebbe mai obbligata a fare nulla.

Di diverse vedute la vittima, parte civile con l’avvocato Nicoletta Cardinali, che nella denuncia ha sostenuto che lui la maltrattava accusandola di non tenere una condotta consona al suo ruolo di madre e che l’avrebbe anche minacciata di morte e di toglierle il figlio se non faceva quello che lui voleva. La difesa, uscite le motivazioni della sentenza, valuterà il ricorso in appello.