"Crollo a Palazzo Censi, serviva il progetto di rigenerazione"

L’ex sindaco: "Quando si parlò in Consiglio fui liquidato con una battuta: ‘Non è Piccolomini e questa non è Pienza".

"Crollo a Palazzo Censi, serviva il progetto di rigenerazione"

L’ex sindaco di Ostra, Andrea Storoni

Una settimana fa, il crollo di una porzione di palazzo Censi, ad Ostra, il manufatto si affaccia sulla piazza principale, a lato della torre civica e di fronte al palazzo municipale. Sulla questione è intervenuto l’ex sindaco di Ostra Andrea Storoni: "Circa 10 anni fa iniziava una collaborazione tra la nostra amministrazione e il dipartimento di ingegneria edile e architettura dell’Università di Ancona che studiava soluzioni anche per quell’edificio, come per altri del centro storico e con l’ufficio tecnico dell’allora Asur iniziava un dialogo per fare alienare, (eravamo in dialogo anche con Erap) le due case e con i proventi sistemare il - ha spiegato Storoni - C’era da allestire le procedure, nel passaggio di consegne era stato evidenziato, ma soprattutto gli uffici erano pronti. Quando si parlò in consiglio della rigenerazione urbana fui liquidato da un consigliere comunale, ora assessore, con una battuta: lei non è Piccolomini e questa non è Pienza". L’ex primo cittadino di Ostra ha attaccato anche l’immobilità del’Amministrazione: "Questa sonnacchiosa amministrazione si attivi seriamente avendo un’idea di paese e di sostenibilità delle proprie proposte. È ora. Non può sempre sperare di campare con i soldi del Pnrr o del commissario all’alluvione". Il monumentale edificio è stato edificato dalla N.F. Gherardi che alla fine del Settecento ha aggiunto al suo cognome anche quello di Benigni diventando Gherardi-Benigni. Alla fine dell’Ottocento passò ai Censi-Buffarini: il figlio Vincenzo, laureato in scienze agricole, incrementò le superfici della proprietà fino a superare i mille ettari. Il palazzo venne poi acquistato dagli Istituti Autonomi di Beneficenza di Ostra intorno al 1974, per localizzarvi gli uffici dell’Ospedale Civile. Dopo la chiusura del nosocomio l’Azienda Sanitaria di Senigallia, a cui nel frattempo il bene era passato in proprietà, tentò di venderlo senza successo.