Cupramontana, padre confessa l'omicidio del figlio di 5 anni. Il delitto era pianificato

Il papà ammette il delitto del bimbo. Per gli investigatori ha inscenato una farsa

Besart Imeri con il figlio Hamid, 5 anni

Besart Imeri con il figlio Hamid, 5 anni

Cupramontana (Ancona), 6 gennaio 2018 - La confessione, parziale e confusa, è arrivata prima dell’alba nel mezzo di un interrogatorio fiume di oltre dieci ore nella caserma dei carabinieri di Cupramontana. Prima un’infinita sequenza di «non rispondo». Poi, di colpo, il «sì, sono stato io» e ancora, sotto consiglio del legale, di nuovo il silenzio, lungo, squarciante, quasi irreale, in coda a una notte sotto torchio. Di più non ha detto Besart Imeri davanti ai militari e al pm della Procura di Ancona, Valentina Bavai. Ma tanto è bastato agli inquirenti per accompagnarlo in carcere a Montacuto e avere la conferma ai primi sospetti: è stato lui, è lui l’autore del folle gesto.

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Besart avrebbe strangolato il figlio Hamid di 5 anni all’interno dell’auto probabilmente con le proprie mani, o forse con una sciarpa o la cintura di sicurezza. Una scena da brividi, assurda solo a pensarla, forse avvenuta perfino a seguito di un piano organizzato e non di un improvviso raptus. Gli inquirenti ne sono convinti. Se, infatti, nelle prime ore era stata ritenuta attendibile l’ipotesi della reazione scomposta e scriteriata a un capriccio del bimbo o semplicemente l’eventualità di uno scatto d’ira improvviso del padre alla prese con le difficoltà economiche di una famiglia in affanno, dopo i primi sviluppi delle indagini emergerebbe altro. Ovvero che - sebbene non sia al momento contestata la premeditazione - l’uomo non abbia agito in modo istintivo e quasi casuale, ma che dietro ci sia qualcosa di più come dimostrerebbe il compimento dell’infanticidio all’interno dell’auto.

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Il 25enne avrebbe portato il figlio a fare un giro in macchina in paese, consumando l’infanticidio proprio nella Toyota Yaris, per poi attuare quella che gli investigatori definiscono una «messinscena». Ha riportato a casa il bambino e ha invocato i soccorsi, fingendo che il piccolo si fosse sentito male. E invece con ogni probabilità era già morto. Fuori casa, nel sedile posteriore dell’auto. Lui, seduto davanti al volante, con una mossa repentina ma efficace gli avrebbe tolto il fiato per sempre.

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Il perché il vero mistero. Il movente di questa follìa è un punto interrogativo enorme. Hamid, cinque anni appena, due in più del fratello minore, era un bambino d’oro. Il padre, 25 anni, da sei mesi disoccupato dopo aver perso il lavoro in un’azienda di saldatura del territorio, rischia di non veder nascere il terzogenito qualora fosse convalidato il fermo per lui richiesto dal pubblico ministero per omicidio volontario aggravato dai vincoli di parentela.

La moglie di Besart ha accusato un lieve malore mentre i sanitari tentavano disperatamente di rianimare il piccolo Hamid: trasferita al ‘Carlo Urbani’ di Jesi fino a ieri sera era in stato di osservazione, ma le sue condizioni non sembrano destare eccessive preoccupazioni, come pure quelle del piccolo nel grembo materno. «Conto di vedere oggi il mio assistito» sostiene l’avvocato Raffaele Sebastianelli. «Non ci ho ancora parlato, ma sono tanti i contorni da chiarire». Alcuni dubbi, almeno sulla modalità del presunto delitto, potrebbe dissiparli l’autopsia per la cui definizione ufficiale si attende una data certa che invece già c’è per l’udienza di convalida fissata per domani.