Cupramontana, il papà killer è sotto choc. La moglie in ospedale legge e piange

La donna, al settimo mese di gravidanza, è sconvolta da giorni

Besart Imeri con il figlio Hamid, 5 anni

Besart Imeri con il figlio Hamid, 5 anni

Cupramontana (Ancona), 7 gennaio 2018 - "È sotto choc, così confuso che non abbiamo nemmeno parlato di quanto accaduto nel tardo pomeriggio di giovedì". Sono le parole del legale di Besart Imeri, il 26enne di origini macedoni ma da diversi anni in Vallesina, che giovedì, attorno alle 18.15, avrebbe strangolato il figlio Hamid di 5 anni all’interno della propria auto, probabilmente con le proprie mani, o forse con la cintura di sicurezza. Raffaele Sebastianelli, legale del 26enne che tra due mesi diverrà padre per la terza volta, ieri mattina ha raggiunto il carcere di Montacuto per incontrare il giovane papà che dall’alba di venerdì è in stato di fermo per omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela.

"Visto il suo stato ho preferito rinviare in confronto su lui su quanto accaduto – riferisce il legale –. Mi sono limitato a un saluto veloce. Cercherò di confrontarmi con lui domattina (oggi, ndr) prima della convalida dell’arresto e dell’eventuale interrogatorio di garanzia". Il giovane papà non ha chiesto come stessero sua moglie Sevime e il bimbo che porta in grembo, né il suo figlio più piccolo di tre anni, in casa quando Hamid è stato portato in cucina, forse già senza vita. Ma oggi potrebbe essere il giorno della verità sulla vicenda che ha squarciato la quiete della capitale del Verdicchio. Prima le urla in strada, poi in casa con la mamma che, straziata nel vedere il piccolo esanime a terra in cucina con i soccorritori che per 46 minuti hanno praticato, invano, il massaggio cardiaco, non ha retto al dolore.

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Mamma Sevime, ancora in stato di choc, resta ricoverata all’ospedale Urbani di Jesi, al settimo mese di gravidanza. Il feto non avrebbe subito conseguenze, ma la donna, molto timida e riservata, resta sotto stretta osservazione medica e anche psicologica. Ieri mattina ha raggiunto il bar dell’ospedale. Ha provato a leggere le cronache. Ma non ce l’ha fatta: è scoppiata in un pianto inconsolabile tra un ‘Perché’ e l‘altro. E il suocero Bajram le ha tolto i giornali, riportandola in camera. Il giovane papà, che soffrirebbe di depressione per la perdita del lavoro, l’estate scorsa, da saldatore in un’azienda di Monsano dove lavora anche il fratello, oggi sarà davanti al gip per l’interrogatorio e la convalida del fermo. Resta tutto da chiarire il movente, cosa abbia spinto Besart, dopo un pomeriggio in famiglia, a scendere dall’appartamento al primo piano "per una passeggiata in auto". Non sarebbe stato un raptus, ma ci sarebbero ragioni famigliari dietro l’omicidio. 

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A San Paolo, dove ha vissuto fino a un anno fa, lo descrivono come un ragazzo "riservato, ma sempre educato". Dopo le prime ammissioni confuse giovedì notte mentre era sotto torchio in caserma, il 26enne di fronte al gip potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere. Si attendono risposte dall’autopsia che potrebbe tenersi martedì, oltre che dalle analisi scientifiche sulla Toyota Yaris in cui il piccolo sarebbe stato strangolato o soffocato. Ma il legale potrebbe chiedere una perizia sulla salute mentale dell’indagato.