"Dai classici alle novità con concerti unici"

La Pfm in scena oggi al teatro delle Muse, Franz Di Cioccio: "Non c’è nessuno spirito nostalgico e ci saranno anche delle sorprese"

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Il suo primo disco si intitolava ‘Storia di un minuto’. La sua, di storia, è durata molto di più: cinquant’anni. E non è ancora finita, anzi.

La PFM, Premiata Forneria Marconi, è viva e suona insieme a noi. Accadrà stasera (ore 21) alle Muse di Ancona, dove arriva il tour ‘PFM 1972-2022’. Un concerto che si annuncia come un viaggio nel tempo, da quel folgorante esordio, sette pezzi di cui almeno tre diventati subito dei classici (‘Impressioni di settembre’, ‘E’ festa’, ‘La carrozza di Hans’) all’ultimo lavoro ‘Ho sognato pecore elettriche’, passando per uno di quegli incontri che ti segna la vita: Fabrizio De André.

In prima fila Franz Di Cioccio, l’unico presente nella band sin dall’inizio, dopo che Franco Mussida ha lasciato il gruppo qualche anno fa.

Di Cioccio, siamo nel 2022. I fan della prima, e diciamo anche della seconda ora si chiedono se i classici degli anni ‘70 saranno fedeli agli originali negli arrangiamenti o sottoposti ad un ‘upgrade’?

"Saranno fedeli agli originali, ma la cosa fondamentale è che la PFM non ha mai fatto un concerto uguale all’altro. Il pubblico ascolterà cosa siamo oggi e poi, andando indietro nel tempo, cosa eravamo ieri. Sarà un concerto al contrario. Suoneremo il meglio della PFM, seguendo la nostra onda ispirativa, come abbiamo fatto sempre. Dischi compresi".

Molto spazio per l’ultimo nato?

"Ci saranno molte cose nuove, cose estemporanee, mai fatte, e delle sorprese, che in quanto tali non rivelo. Di sicuro, avendo una grande tradizione strumentale, ci saranno excursus musicali dai quali si capisce subito chi siamo. E poi c’è De André, una delle cose belle che ci è capitata nella vita. E’ un bel concerto, con una scaletta indovinata. Finora le platee sono state strapiene".

Nessuno spirito nostalgico?

"No, non è da noi. Abbiamo sempre fatto e vissuto quello che ci piaceva nel presente. Vale anche per l’ultimo disco, che parla di vite parallele: quella reale e quella dei social. Chi passa ore a chattare al telefono prima di dormire probabilmente sognerà pecore elettriche. Il riferimento è a Philip Dick, di cui siamo grandi appassionati. Come di tutta la fantascienza, del resto. ‘Blade Runner’ è un nostro caposaldo".

Ma dopo mezzo secolo passato sui palchi di mezzo mondo non siete stanchi?

"No, perché noi ci divertiamo. Il brutto è che a una certa ora devi scendere dal palco. A breve faremo un tour internazionale. Torneremo anche in Inghilterra, dove tanti anni fa conoscemmo la regina Elisabetta. La incontrammo alla Royal Albert Hall di Londra, dove tenevamo un concerto. Fu sorpresa nel vedere uno dei nostri strumenti, il moog, e ci chiese cosa stavamo suonando".

I Maneskin pare stiano conquistando il mondo. Voi lo avete fatto sul serio, con trionfi dall’America al Giappone, avendo doti tecniche e repertorio piuttosto superiori. Prova un po’ di fastidio?

"No. E’ il loro momento".

Nessun fastidio neanche per il successo di rapper e trapper?

"No, anche se personalmente sono generi che non amo".

Obiezione: non c’è più Mussida. Non è la vera PFM.

"Al suo posto c’è Marco Sfogli, un grandissimo chitarrista. E’ come con il calcio. Non è che perché vanno via certi giocatori non si tifa più per la propria squadra".

Raimondo Montesi