
Roberto (al centro) incontra i suoi parenti italiani: dopo tante ricerche li ha trovate grazie al barista dell'ospedale Torrette di Ancona
Per disegnare un "arcobaleno" sul mappamondo tra Zarate, provincia di Buenos Aires, e Torrette, quartiere di Ancona, servono oltre 11mila 300 chilometri. Ma i chilometri che Roberto Eduardo Martich ha percorso – prima in aereo, poi con i mezzi – sono molti, molti di più. Dalla Capitale dell’Argentina è partito lo scorso 27 aprile. Destinazione Roma. Quindi Firenze, Genova e infine il capoluogo marchigiano.
Scartabellando tra i documenti negli uffici anagrafici. Chiedendo informazioni. Cercando qualunque persona o indizi che potessero permettergli di centrare la sua missione. Un obiettivo, in testa: "Tenere fede a quella promessa – dice emozionato in spagnolo – che avevo fatto a mia madre, molti anni fa. Ovvero conoscere i miei parenti italiani materni". Rafforza il concetto: "La historia de mi familia". E chissenefrega delle 78 primavere che indossa. Un impegno è un impegno. Che ha trovato concretezza, in maniera casuale, ma è il bello della vita, proprio nel popolare rione a nord del Conero.

Siamo a domenica mattina, 25 maggio. Le 12.30 circa. C’è un signore di bell’aspetto, un po’ spaesato, che fa capolino sull’uscio del Caffè Manfrini. Non un bar: un’istituzione per Torrette. "Stavo aspettando l’autobus, era tutto chiuso. Così mi sono messo a cercare qualcosa da mangiare e ho trovato quel bar aperto – riavvolge il nastro Roberto –. Al barista ho chiesto se conosceva i cognomi Pennacchioni o Manini di Torrette. ‘Sono la mia famiglia’, ho detto. E lui mi ha risposto: ‘Certo, ti ci metto in contatto’".
A quel punto il barista, ironia della sorte, anche lui Roberto (Manfrini), lo storico proprietario, si è rivolto a Martich: "Quando riparti?", gli ha chiesto. E lui: "Tra due giorni, molto presto, perché prenderò il traghetto e andrò in Croazia a cercare la famiglia di mio padre. Sono di passaggio e, quindi, se possibile vorrei parlarci presto".
Il barista: "Torna domattina e ci saranno i tuoi parenti". Lunedì mattina, 26 maggio. Il Caffè Manfrini accorcia distanze oceaniche. Nel locale, in piedi, c’è Roberto Manfrini col figlio Marco. Seduto, Ernesto Manini, 88 anni. E alle 9 in punto tornerà anche Roberto Martich: si scoprirà, poi, cugino di Ernesto. Un abbraccio sincero, appassionato. Interminabile. Il cuore che si riempie. Le lacrime per "un parente mai visto prima, di cui avevamo sentito solo parlare e che non avrei mai pensato di vedere o conoscere", si commuove Ernesto. Roberto e Ernesto condividono il legame di parentela grazie ai rispettivi nonni, che erano fratelli: quello materno di Roberto, Mario Manini, emigrato in Argentina da giovane, e quello paterno di Ernesto, Attilio Manini, cognome storico di Torrette, dove sono cresciute anche le future generazioni. Dopo un espresso arriva Monica, figlia di Ernesto, insieme ai figli Linda e Antonio Fanfarillo per celebrare l’occasione speciale.
C’è anche l’altra nipote Francesca Paterna. Insieme a Roberto si spostano verso casa di Ernesto, dove sua moglie Silvana Belfiori è già dietro i fornelli per deliziare l’ospite: "Un pranzo conviviale, in amicizia. Un po’ di pastasciutta, carne e qualcos’altro lo troveremo", spiega. Mentre i fuochi s’accendono in cucina e le padelle si fanno roventi, al centro del salone il tavolo è pieno di foto e ricordi. Ed è proprio Roberto ad indicare i suoi nonni, i suoi genitori e persino lui, da piccolo, in un’immagine datata in bianco e nero: "Quelli sono i miei nonni – muove l’indice della mano destra –. Mio nonno Mario Manini e mia nonna Osiride Pennacchioni. Mia mamma Liliana, mio papà Juan. Mio fratello Mario e... questo sono io da piccolo".
La gioia è incontenibile, mentre Ernesto lo abbraccia: "Per me, questo, è come avere un figlio – sussurra Roberto, alludendo all’aver finalmente conosciuto i suoi cari italiani, seppure in età avanzata –. Quando nasce, un figlio è la cosa più bella della vita di un essere umano. E tutto questo, per me, è lo stesso".
Anche Ernesto, dieci anni in più di Roberto, è visibilmente emozionato: "Ci siamo conosciuti poche ore fa, ma sento che tra di noi c’è già qualcosa di speciale". Prima di pranzare, Ernesto sale sulla sua auto e porta Roberto al cimitero di Falconara per fare visita ad alcuni cari defunti.
"L’avevo promesso a mia mamma, poco prima che scomparisse, che sarei venuto in Italia a conoscere i miei parenti", ripete. Ma il suo viaggio del cuore continua, martedì 27 maggio. Verso la Croazia. A conoscere i parenti del padre. Poi il ritorno in Argentina, dalla sua famiglia. "Ci ospiti da te?", chiede Antonio in chiusura. E Roberto senza fronzoli: "Quando volete, sarete bene accetti". Come a Torrette, dove un lontano parente dal sud America è stato accolto come a casa.