"Didattica a distanza, ma non esageriamo"

Migration

DAD, ovvero ‘didattica a distanza’. Una sigla che quest’anno di pandemia ha reso familiare a studenti, insegnanti e famiglie. Un’esperienza da non demonizzare, ma nemmeno da esaltare troppo. Ne è convinto il professor Giordano Pierlorenzi, direttore della Poliarte Accademia di Belle arti e Design. "In situazione di emergenza la DAD è l’unica risposta che possiamo dare, è una risorsa importantissima – sottolinea Pierlorenzi – ma non può diventare la norma. Può essere utile per approfondimenti dei gruppi di ricerca, per gli organi collegiali, per incontri improvvisati. Ma la didattica a distanza, così come la formazione a distanza, resta un surrogato, utile come strumento integrativo". Inutile dire che tra una lezione in presenza e una ‘virtuale’ c’è una bella differenza. "Cambia il set didattico, cioé l’ambiente, e con esso l’esperienza che gli studenti fanno, soprattutto a livello di socializzazione. L’ambiente è il primo parametro da considerare. C’è poi il clima dell’aula: quella reale è caratterizzata da una forte carica emotiva, a differenza dell’aula virtuale. In quest’ultima, poi, c’è una sensibilità ridotta, in quanto sono impegnati solo due sensi: la vista e l’udito". Secondo Pierlorenzi a cambiare è anche l’approccio: "Nell’aula fisica l’approccio è dirigistico: l’insegnante imposta e conduce la lezione. Nella dimensione virtuale l’insegnante deve capire di volta in volta qual è l’approccio migliore, perché l’aula cambia. Nelle case succedono tante cose. A volte i ragazzi stanno distesi, mangiano, oscurano la webcam per farsi gli affari propri, o chiedono di assentarsi per qualsiasi motivo". Ma i docenti sono pronti per affrontare questa nuova esperienza? "Non tutti, anche perché le lezioni prevedono l’uso di vari sussidi audiovisivi. Per questo gli insegnanti devono seguire corsi di formazione".