Dpcm Ancona, lo chef Cedroni "Chiuderci è una punizione, stanno uccidendo un settore"

Lo stellato oggi guida la protesta: "Anche noi piangiamo"

Lo chef stellato Moreno Cedroni

Lo chef stellato Moreno Cedroni

Ancona, 28 ottobre 2020 - Lo chef Cedroni, due stelle Michelin e tre locali nelle Marche (Madonnina del Pescatore, Clandestino e Anikò) che sono diventati un must per gli amanti della cucina creativa e innovativa, è anche presidente Fipe Confcommercio Marche Centrali, associazione promotrice del sit-in in programma oggi nel capoluogo in difesa della categoria.

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Cosa significa per un ristoratore chiudere il locale alle 18? "Significa dimezzare il lavoro, è una mossa durissima che rischia di lasciare a casa tantissime persone. C’è grande disagio, non si capisce perchè il decreto sembra voler punire ristoranti e pubblici esercizi che invece hanno sempre rispettato tutte le regole e i protocolli. Siamo in un periodo clou con il Natale alle porte e il settore non può permettersi un altro stop visto che ha già perso tantissimo in termini di fatturato con il primo lockdown. Tra chiusure e paure si sta uccidendo un settore. Chiudere alle 18 appare una decisione punitiva mentre abbiamo rispettato ogni protocollo".

I ristoranti sono luoghi sicuri?

"Assolutamente sì, nelle Marche c’è stato un solo contagio ad oggi avvenuto all’interno di un ristorante. C’è il distanziamento, le mascherine, locali igienizzati in maniera maniacale, i rischi dunque sono davvero ridotti al minimo". Cosa dovrebbe fare secondo lei il Governo?

"Avremmo potuto fare come in Francia, che ha imposto chiusure alle 21, consentendo comunque un parziale servizio a cena. L’ideale comunque sarebbe poter rimanere aperti fino alle 23. Rischiamo la metà delle persone a casa, quindi un grande uso della cassa integrazione".

Il suo collega Massimo Bottura ha proposto alcune misure per la ristorazione tra cui iniezione di liquidità e proroga della cassa integrazione. Che ne pensa? "Sono d’accordo, come Fipe abbiamo chiesto tra le altre cose indennizzi a fondo perduto, credito d’imposta per le locazioni, moratorie fiscali e creditizie, continuità degli ammortizzatori sociali".

La crisi si è avvertita anche nei ristoranti stellati, che notoriamente si rivolgono a una fascia di clientela medio-alta? "Sì, il 60% dei clienti della Madonnina del Pescatore sono persone normali che lavorano, guadagnano e spendono quindi ovviamente se cala il lavoro calano anche le prenotazioni e le spese extra sono le prime ad essere tagliate".

Cosa vuol dire chiudere in un periodo come questo? "Novembre e dicembre sono mesi cruciali per l’enogastronomia, pensiamo solo al tartufo che in Piemonte muove un’importante economia. Per non parlare del Natale, periodo clou per gli acquisti e i consumi in generale. Chiudere significa mettere un intero settore in ginocchio".

C’è anche chi ha deciso, in segno di protesta, di restare aperto sfidando i controlli. Che ne pensa? "Non sono affatto d’accordo, in generale non mi piace la disobbedienza. Non è così che si cambiano le cose, la legge va comunque rispettata e il dissenso va espresso in altro modo".

Secondo lei ci sarà un conseguente aumento delle cene da asporto? "Me lo auguro, io sarò il primo dopo la chiusura dei miei locali a ordinare spesso pizza e altri piatti da asporto. Alla Madonnina però non potrei proporlo perchè i piatti sono tutti espressi mentre da Anikò con l’asporto siamo andati alla grande in questi mesi".

Cosa farà da novembre a febbra io, con i ristoranti chiusi?

"Mi dedicherò alla ricerca e alla sperimentazione, per rigenerarmi e fare sempre meglio. Nella speranza di riaprire in un clima migliore, più positivo".

In generale cosa ha significato per lei affrontare questi mesi di pandemia? E’ riuscito ad adattarsi al cambiamento? "Sì, non ho avuto nessuna difficoltà perchè ho cambiato la mia impostazione mentale. Bisogna abituarsi tutti a questa nuova realtà, fatta di mascherine e gel igienizzanti. E poi penso che le sale del ristoranti con i tavoli distanziati siano ancora più belle e accoglienti".