Finti vaccini Ancona, l’infermiere: "Non sono io l'organizzatore"

Emanuele Luchetti ha risposto alle domande del gip: "Sono l’anello di una catena più grande"

Ancona, 14 gennaio 2022 - "Ero solo un anello della catena, non certo l’organizzatore". Vaccini finti al Paolinelli, è l’ora delle verità. Si è convinto anche l’infermiere Emanuele Luchetti che nell’interrogatorio di garanzia, reso ieri davanti al gip Carlo Masini, ha parlato così decidendo di rispondere alle domande e iniziare quindi a collaborare con la Procura per ricostruire bene quella che lui stesso definisce una catena che portava a rilasciare indebitamente green pass a un numero considerevole di persone, non sottoposte alla vaccinazione visto che il siero della siringa che lui preparava nel box del centro vaccinale della Baraccola poi lo spruzzava nel cestino.

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Luchetti, che ieri ha parlato per un’ora dal carcere di Montacuto, assistito dal suo legale, l’avvocato Marta Balestra, ha riferito di aver ceduto "alle pressioni ricevute da coloro i quali hanno messo in piedi questo meccanismo". Un’inchiesta che continua ad allargarsi e che comincia a far tremare anche altri, non solo nelle Marche. Se non era lui l’organizzatore allora c’era qualcun altro, ma chi?

Dall’ordinanza delle custodie cautelari emesse su di lui (il carcere), su quattro intermediari (ai domiciliari) e su 45 persone (obbligo di dimora nel comune di residenza e obbligo di firma) a cui avrebbe finto di somministrare il siero anti Covid-19, emerge come due dei procacciatori che gli avrebbero fatto arrivare all’hub amici e conoscenti per la finta dose non avrebbero preso soldi. Polli piccoli quindi. Nelle 200 pagine dell’ordinanza né l’imprenditore Stefano Galli né l’avvocato del foro dorico Gabriele Galeazzi hanno avuto a che fare con denaro intascato per la loro figura di intermediari. Galli avrebbe agito per aiutare un amico, con problemi gravi di salute e che non avrebbe potuto vaccinarsi, e i familiari di questo.

La terza procacciatrice, la rumena banconiera di un supermercato Daniela Maria Zeleniuschi, non era molto apprezzata da Luchetti perché non gli avrebbe reso molto a livello di guadagno tanto che in una intercettazione lui spiega che non vuole più lavorarci "voglio lavorà con Daniele perché con la rumena non ce se guadagna".

Daniele è Daniele Mecozzi, il ristoratore di Civitanova, anche lui intermediario che gli avrebbe procurato la maggior parte delle persone che poi si sono sottoposte, stando alle accuse, al finto vaccino al Paolinelli. C’era lui all’apice della catena? O figure più rilevanti, in ambito sanitario, che avrebbero saputo anche come far muovere l’infermiere perché avvezzi della materia?

"Il signor Luchetti ha deciso di rispondere rendendo dichiarazioni atte a chiarire la propria posizione – si limita a dire il suo avvocato, Marta Balestra – è seriamente pentito e si è reso conto dei suoi errori". A spingerlo sarebbero state pressioni dall’alto ma anche "perduranti personali problemi economici". Sotto Covid infatti la sua seconda attività, quella di insegnante di zumba, si è arenata come tante attività di gruppo da inizio pandemia. L’infermiere ne parla anche nelle intercettazioni e nelle gistrazioni in mano alla squadra mobile che sta facendo le indagini "ieri piangevo che non gliela facevo a pagare 100 euro".

Davanti al gip avrebbe ammesso che il meccanismo, "nel quale si è trovato così tanto coinvolto da stravolgere – dice l’avvocato Balestra – quella che in realtà è la sua personalità. I colleghi hanno affermato alla stampa come fosse un professionista nel suo campo particolarmente bravo, coraggioso, presente, attento, una risorsa per tutti, poi il blackout".

Quando il medico Miglietta si è reso disponibile (ma lo ha fatto per incastrarlo) "gli episodi hanno subito un incremento – conclude il legale – in quanto il Luchetti si è sentito appoggiato".