Fratello morto nel disastro: altra cartella esattoriale

I quattro parenti della vittima della tragedia del 1997 nel canale di Otranto devono pagare 42mila euro per la sentenza: a loro ancora nulla del risarcimento.

Fratello morto nel disastro:  altra cartella esattoriale

Fratello morto nel disastro: altra cartella esattoriale

Un fratello morto nella cosiddetta tragedia del "venerdì santo" che insanguinò le acque del basso Adriatico, il 28 marzo 1997 sul canale d’Otranto: nuova cartella esattoriale ai familiari delle vittime che attendono ancora il risarcimento a cui pure è stato condannato il Ministero. L’agenzia delle Entrate nelle scorse settimane aveva chiesto ai quattro fratelli di origine albanese, 21mila euro per la registrazione della sentenza nonostante non avessero ancora ottenuto il risarcimento di 100mila euro a testa. L’avvocato Andrea Nobili ha scritto al garante della Puglia, per chiedere di intervenire e fare chiarezza su quella cartella esattoriale.

"Il garante ha chiesto chiarimenti all’Agenzia delle entrate di Lecce il 23 marzo scorso – spiega l’avvocato Nobili – e il giorno dopo, il 24 marzo, la stessa ha emesso nei confronti di quella famiglia una seconda cartella esattoriale di ben 42mila euro per la registrazione del secondo grado della sentenza. Hanno chiesto l’intera cifra per la registrazione della sentenza solo a loro pur essendoci 60 parti civili. Quasi fosse una ritorsione per il fatto che ci siamo rivolti al garante. Una situazione kafkiana per la quale sto scrivendo un ricorso alla corte di giustizia tributaria di Lecce. Anche perché i miei assistiti non hanno quel denaro, non avendo ancora ricevuto il risarcimento che pure hanno ottenuto sulla carta. Se non pagheranno entro i 60 giorni l’importo salirà del 30 per cento e poi il provvedimento diventerà esecutivo con i beni che verranno pignorati. Rischiano di perdere anche la casa. I miei assistiti che lavorano da anni e vivono a Jesi e sono ben integrati sono basiti non riescono a capire. Sono persone semplici che non comprendono perché avendo vinto il risarcimento lo Stato chiede loro dei soldi e anche una somma molto importante. È difficile anche solo spiegare loro cosa stia accadendo".

Eppure sono passati 25 anni da quel 28 marzo in cui una nave con oltre 120 profughi albanesi, tra cui numerose donne e bambini, entrò in collisione con la corvetta Sibilla della Marina Militare. Furono 58 le vittime, 33 finirono in mare e altre non più ritrovate, solo 34 i sopravvissuti. Il Ministero è stato condannato a risarcire i quattro familiari ‘jesini’ di una delle vittime, per 100mila euro a testa: la sentenza che attribuisce la responsabilità allo Stato è diventa definitiva 9 anni fa, ma il risarcimento non è mai arrivato, nonostante la causa civile vinta.

Sara Ferreri