"Giustizia solo a metà"

L’amarezza dei familiari in aula: "Nessuno ci può ridare i nostri figli"

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di Alberto Bignami

"Per il dolore che ci hanno provocato, con la scomparsa dei nostri figli, non ci può essere una sentenza che ti affievolisce. Il dolore è sempre troppo impresso nelle nostre teste, nei nostri cuori, tutti i giorni". Giuseppe Orlandi, papà di Mattia, ieri ha visto per la prima volta quei ragazzi condannati per i fatti di Corinaldo, la strage avvenuta alla ‘Lanterna Azzurra’, e mentre vengono accompagnati dagli agenti della polizia Penitenziaria fuori dal tribunale si lascia andare in un "Eccoli…". Li osserva, con un senso di impotenza, di smarrimento. Con un pensiero rivolto a Mattia e a chissà quali ricordi. "E’ la prima volta che li vedo in faccia – dice – E vedo degli assassini che hanno fatto una strage. Non è sufficiente – commenta riferendosi alla sentenza – Mi aspettavo di più, anche se è vero che in Italia il massimo sono 30 anni, ma io pensavo che almeno 15 o 17 li avrebbero presi. Le scuse in aula degli imputati? Sono privi di educazione, di qualsiasi etica...Qui non c’è stato un incidente ma un omicidio, impossibile accettare le scuse. I giovani dovrebbero impegnarsi per raggiungere un obiettivo, emergere e invece...Nessuno ci ridarà mai i nostri figli".

A dar speranza a Orlandi è allora quello che sarà il secondo filone della strage di Corinaldo, quello che riguarderà "il locale il quale, inspiegabilmente il 12 ottobre del 2017 – ricorda in maniera lucida – è stato fatto riaprire. Un locale che non era a norma e non aveva requisiti. E se un locale è chiuso perché non è a norma, come fai a farlo riaprire? – si chiede – E’ inammissibile perché sarebbe come avere un camion che non frena, fargli quindi una sorta di revisione ipotetica, e lasciarlo poi andare ugualmente. Noi – conclude – abbiamo perso dei figli, anche per quelle che sono state delle scelte inconcepibili e assurde. Là non c’era il cosiddetto margine di errore, ma c’era un errore madornale. Allora la sentenza di oggi spero che farà capire alla gente che non si può scherzare con la vita degli altri". Dunque la speranza è nel procedimento parallelo, che "cominci il prima possibile per avere giustizia per le nostre vittime" ha aggiunto Francesco Vitali, fratello della 15enne Benedetta, e che vede chiamate in causa 17 persone, tra le quali, proprietari, gestori del locale e componenti della Commissione vigilanza per i pubblici spettacoli, in merito alla questione della sicurezza alla ‘Lanterna Azzurra’. "Non è una pena degna per tutto quello che io e la mia famiglia stiamo passando. Ora aspettiamo le motivazioni e vedremo. Però – aggiunge Vitali - volevamo almeno gli anni chiesti dal pm se non di più dunque, un po’ di amarezza e delusione credo sia normale provarla. L’unica cosa che mi resta da fare per mia sorella e chiedere giustizia però – conclude - c’è anche da dire che se perdo fiducia nella giustizia, io come faccio ad andare avanti?".

Per Donatella Magagnini, mamma di Daniele Pongetti, quella di ieri "non è una buona sentenza. Gli anni a cui sono stati condannati non ci ridanno niente. Mio figlio aveva 16 anni e una vita davanti mentre loro usciranno giovani e continueranno a svolgere una vita, che sperò sarà un po’ diversa rispetto a quella fatta fino ad ora. Spero che il carcere – ha concluso – anche se forse non ci credo molto, gli serva per cambiare".