Gli attori nella "casa di cristallo"

Il ritorno a teatro dopo il lockdown nel piazzale delle Muse da lunedì: idea di Velia Papa, regia di Marco Baliani

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Il teatro ai tempi del Coronavirus è nel segno della distanza e dell’isolamento. A rappresentare plasticamente questa separazione, fisica e psicologica, è "L’attore nella casa di cristallo", produzione originale di Marche Teatro con testo e regia di Marco Baliani, da un’idea di Velia Papa. Lo spettacolo andrà in scena da lunedì fino al 28 giugno nel piazzale del Teatro delle Muse di Ancona. Due attori e due attrici saranno chiusi simbolicamente in due teche trasparenti, di due metri per due. Sono Petra Valentini e Michele Maccaroni (15,17,19, 21, 24, 26 e 28), Eleonora Greco e Giacomo Lilliù (16, 18, 20, 23, 25 e 27).

Gli spettatori li ascolteranno con un auricolare personale (che resterà loro) e una radio ricevente. Lo spettacolo dura mezz’ora, con due repliche a sera (ingresso 9 euro; info 071 52525). Il quartetto oggi inizierà le prove ‘fisiche’, dopo quelle virtuali fatte in remoto con Baliani. Prove ‘assurde’, le definisce Petra Valentini. "Recitare nella teca sarà suggestivo – aggiunge –, e anche se ci sentiremo un po’ in gabbia ci aiuterà a scoprire un’esperienza di solitudine e di isolamento che sa un po’ di claustrofobia. D’altronde i testi parlano proprio di interpreti che si sentono ‘in gabbia’. Lavorare con Baliani è stato bello, anche se finora l’abbiamo fatto solo fisicamente". L’attore e regista, tra i massimi rappresentanti del teatro ‘di parola’ è pessimista sul futuro del teatro.

Per Valentini "bisognerà pensare a un modo diverso di farlo. Anche negli spazi aperti per gli attori sarà difficile, perché il divieto del contatto fisico è un limite insormontabile. Io a luglio ho uno spettacolo. Gli attori devono stare tutti ad almeno un metro di distanza. Mi è venuto da dire: allora è il virus che fa la regia". Michele Maccaroni si dice in fervida attesa di ‘verificare la mia adattabilità a questo spazio inedito, che può ricordare un ascensore, con il suo senso di claustrofobia. La teca, poi, è coperta da un telo. Speriamo passi un po’ di luce... Sono felice di fare questo spettacolo nel giorno in cui riaprono ufficialmente i teatri. Vivo invece con tristezza questo isolamento, il non poter stare vicino agli altri attori e al pubblico. Il teatro è un rito collettivo, è un senso di calore si crea tra palco e platea. Per Maccaroni ‘lo spettacolo è una grande occasione per denunciare questa situazione in cui il rapporto tra attori e pubblico viene meno. Una situazione che per noi è drammatica. Il testo di Baliani parla di un attore che è rimasto solo, che viene esposto come in un museo. Ma non dobbiamo rassegnarci. Dobbiamo spremerci le meningi e trovare il modo di cambiare, recuperando lo spirito comunitario del teatro".

Eleonora Greco di ‘gabbie’ se ne intende: "Io vivo in un prefabbricato nel Maceratese, dopo il terremoto. Una piccola prigione. Questo lavoro di Baliani è anche lo specchio della quarantena vissuta da tutti noi. Lui ci tiene molto agli attori, vuole conoscerli bene. Parla con te, vuole sapere chi sei. La prima cosa che mi ha chiesto è stata: raccontati". La Greco rivela che Baliani non punta solo sulla parola, ma anche sul corpo. ‘Io che sono una danzatrice posso dirlo: Marco lavora molto con il corpo’. Lo sa bene anche Giacomo Lilliù, giovane attore e regista che lo scorso anno ha lavorato con Baliani in ‘Paragoghè’ spettacolo andato in scena nel tribunale di Ancona. "La sua linea di ricerca non si esaurisce nella parola, ma tiene presente il corpo. In questo nuovo lavoro, con i corpi chiusi dentro una sorta di scatola, la metafora è lampante".