"Green Pass, bene le regole: ma chi controlla?"

I dubbi di bar e ristoranti del centro che dal 6 agosto potranno servire ai tavoli al chiuso solo col passaporto sanitario: "Poca chiarezza"

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di Nicolò Moricci

Dal 6 agosto, green pass obbligatorio per mangiare ai tavoli (al chiuso) di bar e ristoranti e per partecipare a gran parte degli eventi all’aperto e a spettacoli al chiuso. Servirà quindi dimostrare di aver ricevuto la vaccinazione, o di essere guarito dal Covid o di aver effettuato un tampone negativo nelle 48 ore precedenti. La misura, varata due giorni fa dal Consiglio dei Ministri, prevede il pass verde anche per accedere a piscine e palestre. "Ancora poca chiarezza" sostengono baristi e ristoratori anconetani. Chi controllerà il passaporto verde? E poi: gli esercizi commerciali subiranno una riduzione della clientela non vaccinata?

"Finché siamo in estate, questa misura incide poco, perché la gente vuole soprattutto mangiare all’aperto. È in inverno che si presenteranno i primi problemi – riflette Elisa Campanella, del bar Giuliani – Speriamo che da settembre siano tutti vaccinati, così da poter riprendere a fare il nostro lavoro come una volta". Alla cremeria Rosa, Fabrizio Boari già pensa all’organizzazione: "Non so come faremo, la situazione è nebulosa. Giusto che ci siano delle regole, capisco che io, da titolare, debba controllare i miei dipendenti. Ma attenzionare i clienti non spetta a noi. Dovrebbero pensarci i militari, perché questa mansione non compete a noi". Alla trattoria Clarice, di Giordano Andreatini, sono tanti i posti al chiuso che potrebbero essere interessati dal green pass. Si dice perplesso il titolare: "C’è una cosa che non va bene: la poca chiarezza nelle nuove norme. E poi, bisogna capire come fare a chiedere il green pass ai propri clienti. Noi, d’altronde, lavoriamo 13 ore al giorno ed è impensabile sobbarcarci questa incombenza. E poi – prosegue Andreatini – considerate che non abbiamo l’autorità di un pubblico ufficiale. Inoltre, già ora, senza green pass, ci tocca discutere con i turisti indisciplinati. Francesi, olandesi e tedeschi infatti – fa notare Andreatini – sono poco attenti alle mascherine e meno rigorosi di noi. Ad esempio, non igienizzano le mani e vanno in bagno senza protezioni sul viso. Tuttavia, il green pass potrebbe essere un valido espediente per evitare nuove chiusure". Una riduzione della clientela? "È possibile, soprattutto per la clientela under 30 che, da quanto si apprende, è poco propensa alla vaccinazione. Un’anomalia tutta italiana – infine – che barbieri e supermercati non siano inclusi nella norma green pass. Però, va detto che i parrucchieri lavorano da tempo con la prenotazione".

Delle regole sul green pass, Simone Governatori, del bar Torino, è poco interessato, visto che non ha posti al chiuso: "Continuerò a lavorare all’aperto. Però, a dire la verità, mi pare una fandonia. Forse, è solo un modo per incentivare la vaccinazione. Noi non possiamo controllare i nostri clienti, c’è la privacy. Serve chiarezza". Chiarezza che serviva anche quando, tempo fa, si è disposto il limite della clientela in base alla capienza dei bar: "Il mio locale è ampio e lungo come un bus: perché da me possono entrare 4 persone e sui mezzi pubblici una ventina?".

"Si tratta di regole per arginare la pandemia, con cui ormai dobbiamo convivere. E contro la quale dobbiamo combattere" sottolinea Francesco Pinna, di Gnaoo Gatti Bistrot. Sarà un’incombenza in più controllare il green pass all’entrata? "Sarà un’incombenza come le altre: è difficoltoso pure imporre il distanziamento o obbligare alla mascherina, ma purtroppo chi lavora a contatto col pubblico deve essere attento al rispetto delle norme, altrimenti ci sanzionano. Siamo tutti sulla stessa barca, incrociamo le dita".