"I due terremoti non sono paragonabili Ma ancora ci si dimentica di Ancona"

Massimo Parisi ci ha scritto un libro sul sisma del 1972: "Avevo cinque anni, oggi abito nella stessa casa di allora"

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di Raimondo Montesi

Una doppia botta, di quelle forti. Una a pochissima distanza dall’altra. L’altro ieri gli anconetani hanno rivissuto il terrore del terremoto (mai allitterazione fu più appropriata). Non tutti in misura uguale. C’era chi dormiva, magari al piano terra. E chi faceva colazione al quinto piano, in una cucina con lampadario pendente e oggetti già di loro in equilibrio precario. Ma a contare è anche l’età. Gli anconetani si possono dividere in chi ricorda il sisma del 1972 e chi non può farlo, perché non ancora nato, o troppo piccolo. Massimo Parisi fa parte della prima categoria, nonostante nel 1972 avesse solo cinque anni. Ma i bambini hanno buona memoria. E lui sui propri ricordi ci ha scritto un libro. Parisi se lo ricorda bene Terry (così gli anconetani soprannominarono l’incubo che li perseguitò per mesi), anche se premette che la sua è una testimonianza personale: "Il terremoto dell’altro giorno non è paragonabile a quelli di gennaio, febbraio e giugno 1972. Quelli, in particolare la scossa del 14 giugno, sono stati clamorosamente più forti. Io ora abito nella stessa casa in cui vivevo nel 1972. E quello che vidi dondolare allora non l’ho visto dondolare l’altro ieri. Sono passati cinquant’anni, e forse sarà una mia sensazione personale, ma il paragone non ha senso". Ad avere senso, invece, sono le considerazioni ‘polemiche’ riguardo all’attenzione che ebbe il sisma. E che continua ad avere. "Mi dà un po’ fastidio quando, a livello nazionale, si ricordano tutti i grandi terremoti, come Belice, Friuli e Irpinia, senza mai citare quello di Ancona. Si dice che il motivo è che non ci furono morti. Come se la città non avesse vissuto sofferenze e disagi, come se i 110mila abitanti costretti a lasciare le loro case fossero dei pagliacci che se ne andavano in giro senza motivo. Eppure lo spopolamento di Ancona iniziò allora. C’è chi se ne andò per sempre, a Pesaro e a Serra de’ Conti, per fare due esempi".

La famiglia di Parisi (il padre Enzo è stato un notissimo insegnante di storia dell’arte e disegno) se ne andò a Foligno e a Castelbellino Stazione. "Con noi c’erano altre due famiglie di parenti. In tutto eravamo quattordici". Infatti il libro è dedicato ‘Ai quattordici di Foligno e Stazione di Castelbellino’. Poi il ritorno in un’Ancona che resistette anche grazie al contributo del sindaco Alfredo Trifogli. "Grazie a lui non ci furono baraccopoli. I servizi essenziali furono fatti funzionare. Trifogli era spesso a Roma, davanti alla porta dei politici, per chiedere i finanziamenti necessari per ricostruire la città. Li ottenne". Ne fece buon uso, visto che Parisi ricorda che "il Friuli per la ricostruzione dopo il 1976 si ispirò al modello Ancona". Il libro è anche uno spaccato della vita di allora. Ci sono i film, i programmi televisivi (ovviamente ‘Andromeda’, citato nella bella copertina), le canzoni del 1972. Lui, Parisi, ricorda soprattutto "le grandi fughe improvvise, di sera o nel cuore della notte. Ma quell’esperienza mi ha ‘rafforzato’. Quando è arrivata la scossa, l’altro giorno mi sono messo sotto lo stipite di una porta e ho aspettato, tranquillo".

Viene in mente una delle due frasi (vere) messe come epigrafe: "Signora, ma nun me faccia ride! Capirà, noi qui co’ le scosse de terzo grado ce cullamo i fioli!". Come a dire, quasi con orgoglio, noi abbiamo ‘fatto’ il terremoto del 1972... Ma la speranza è che non ci siano più cene in compagnia di un ospite sgradito come lui, Terry.