PIERFRANCESCO CURZI
Cronaca

Il dramma di una famiglia curda: "Viviamo in strada con tre bimbi"

Fuggiti dall’Iraq hanno vissuto in Svezia che però non gli ha rinnovato il permesso. Poi l’arrivo ad Ancona

La famiglia curdo-irachena che abbiamo incontrato ieri. L’allarme tocca da vicino i tre figli piccoli, Rohang di 6 anni, il fratello Roshang di 5 e soprattutto la piccola Roya che il 14 marzo prossimo compirà due anni

La famiglia curdo-irachena che abbiamo incontrato ieri. L’allarme tocca da vicino i tre figli piccoli, Rohang di 6 anni, il fratello Roshang di 5 e soprattutto la piccola Roya che il 14 marzo prossimo compirà due anni

In ansia per la sorte di una famiglia di origini curdo-irachene arrivata ad Ancona alla fine della scorsa settimana e da domani senza una qualsiasi soluzione abitativa sicura. L’allarme tocca da vicino i tre figli piccoli, Rohang di 6 anni, il fratello Roshang di 5 e soprattutto la piccola Roya che il 14 marzo prossimo compirà due anni. Fino a stanotte il nucleo familiare, composto anche dai genitori dei tre bambini – Shirwan e Alaa, marito e moglie di 46 e 32 anni – è ospitato all’interno di un albergo in città garantito dal Servizio di Strada per tre giorni, ma il futuro immediato per gli Abdullah, nativi di Dahuk (a nord del Kurdistan in Iraq, vicino al confine con la Turchia) resta un grande, drammatico punto interrogativo: "Abbiamo viaggiato per giorni dalla Svezia, dove vivevamo fino a due settimane fa, ma i giorni più difficili e stancanti sono stati gli ultimi cinque qui nella vostra città. La bambina soprattutto è esausta. Siamo andati subito in questura appena arrivati alla stazione di Ancona, come ci è stato consigliato, ci siamo registrati, ci hanno preso le impronte digitali e adesso aspettiamo un appuntamento per regolarizzare la nostra posizione". A innescare la solidarietà nei loro confronti è stata una pattuglia di carabinieri in servizio che alcuni giorni fa ha notato la famiglia seduta su una panchina di piazza Cavour, i genitori smarriti, atterriti e i piccoli attorno. I militari, mostrando tatto e altruismo encomiabili, hanno subito contattato il Pronto intervento sociale del Comune per poi accompagnarli alla Mensa di ‘Padre Guido’ per essere rifocillati. La presa in carico da parte dei servizi sociali, non fosse altro per la delicata situazione in cui versano quei bambini, sembrava una prassi doverosa, quasi normale, e in parte è stato così. Il problema, tuttavia, si sta palesando adesso, dopo che la famiglia, alcuni giorni fa, si è recata proprio nella sede dei servizi sociali di viale della Vittoria. In attesa della formale richiesta di protezione internazionale, quando il nucleo familiare dovrebbe rientrare in uno dei progetti Cas della prefettura, sarebbe urgente trovare una soluzione abitativa dignitosa e rispettosa, non fosse altro, lo ripetiamo, per i tre bambini piccoli. E qui starebbero sorgendo alcune difficoltà, una mancata presa in carico della famiglia e un’assunzione di responsabilità che tarda a palesarsi da parte della struttura assessorile: "Noi vogliamo solo riposarci e trovare una stabilità, non fosse altro per i nostri figli – è l’allarme lanciato dal papà di Rohang, Roshang e Roya – La Svezia ci ha praticamente costretto ad andarcene dopo che lì avevamo trovato una sistemazione, io lavoravo come pizzaiolo e lì erano nati i bambini. Il permesso non ci è stato rinnovato e volevano rispedirci in Iraq, ma noi non possiamo tornare lì, ne vale della nostra sicurezza. L’unica alternativa possibile era lasciare la Svezia e provare a vivere in un altro Paese. Abbiamo sempre amato l’Italia e poi ci hanno consigliato Ancona". Una città da sempre accogliente che però inizia a mostrare qualche disservizio nei confronti dei richiedenti asilo. Proprio in questi giorni il Carlino si è occupato dell’accoglienza nei Cas per decine di migranti asiatici, per giorni davanti al Palazzo del Governo per chiedere una soluzione e ieri la prefettura ha sistemato nei Cas i primi sei richiedenti protezione internazionale.