"Il piano e la danza, una liberazione"

La performance di Claudia Caldarano e Simone Graziano oggi in anteprima al festival "Inteatro"

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di Raimondo Montesi

Musica e danza: binomio inscindibile, dall’antichità a oggi, su cui è difficile dire qualcosa di nuovo. Ma con ‘Piano Solo, Corpo Solo’, spettacolo ospitato in residenza a Villa Nappi di Polverigi in scena oggi (ore 19) in anteprima nel parco della villa nell’ambito di ‘Inteatro Festival’, Claudia Caldarano e Simone Graziano hanno creato "una performanceconcerto profondamente legata al nostro tempo, al tempo della nostra relazione con l’altro e del nostro isolamento". Qualcosa di originale, che vive dell’incontro-scontro fra due solitudini: da una parte i brani per pianoforte a coda preparato composti e suonati dal vivo da Graziano (dall’album ‘Embracing the future’), e dall’altra la coreografia della Caldarano. Caldarano, quanto il vostro lavoro ha a che fare con la pandemia?

"La musica è stata composta durante il primo lockdown. Graziano però modifica i brani durante la performance, concedendo spazi all’improvvisazione. Così come ha modificato il pianoforte per ottenere un suono più straniante, secco, concreto. A volte il piano sembra uno xilofono, a volte un’arpa".

Parliamo della coreografia.

"C’è uno spazio, un tavolo, in cui il corpo è come depositato, e poi modificato da corpi invisibili, che rappresentano forze esterne. Potrebbero essere altre persone, o l’altro in generale, o qualcosa che va al di là dell’individuo. L’idea è far immaginare che questo tavolo sia ‘magico’, cioè un luogo in cui si compiono dei gesti quasi magici".

E’ vero che viene citato Pasolini?

"Sì. La frase è: ‘Libertà. Dopo averci ben pensato ho capito che questa parola misteriosa non significa altro, infine, nel fondo di ogni fondo, che... libertà di scegliere la morte". Noi leggiamo questa frase del senso delle piccole morti, quelle in cui l’abbandono all’altro è quasi totale. E’ un grande atto di fiducia nei confronti dell’altro questo lasciarsi andare. Di qui, un parallelismo: la paura di morire ci ha portato a non avere più come riferimento principale la libertà. Bisogna comprendere che si vive una volta sola, e che abbandonarsi alla paura della morte è una possibilità di liberazione". Di solito si dice che la paura è qualcosa di positivo. Un segnale della natura che ci aiuta a salvarci.

"La paura dovrebbe essere lo stimolo a trovare altre soluzioni, non la scusa per privarsi della libertà".

Dica la verità, è uno spettacolo difficile...

"No, è una riflessione che nella scena si traduce in modo poetico. Comunque lo spettatore non deve per forza capire tutto. L’obiettivo è creare un’intimità percettiva tra lui e noi, un contatto sul piano sonoro e fisico. Più che di comprendere gli chiediamo di lasciarsi andare. Anche per questo improvvisiamo con il pubblico. E’ un cogliere l’attimo. E’ come essere di fronte a un dirupo e buttarsi".

‘Piano modificato’ fa venire in mente John Cage, ‘il compositore del silenzio’. Il silenzio nella danza cos’è, l’immobilità?

"E’ quando un performer riesce ad ‘aprire lo spazio’ e inglobare sia lo spettatore sia l’ambiente".