Il ricordo del campione scala il muro del tempo

La presenza del grande ciclista è viva. Cassani: "Illuminò il ruolo di uomo squadra". Orlando Maini: "Era e resta il capitano"

di Angelo Costa

Cinque anni senza Michele Scarponi, campione della bici, fuoriclasse di simpatia e generosità. Ricordato tutti i giorni, non solo il 22 aprile, quello della sua tragica scomparsa: quando si è bravi a farsi voler bene, l’assenza diventa una presenza. Michele c’è, nel cuore e nella memoria, e pure in corsa: al Tour of the Alps, dove conquistò la sua ultima vittoria pochi giorni prima di lasciarci, la sua immagine è sulla maglia del più combattivo e non per caso.

Michele ora è anche un bellissimo libro, dove sono raccolti i ricordi di corridori, tecnici, giornalisti e personaggi che l’hanno conosciuto: si intitola ‘Caro Michele, una vita alla Scarponi’, non è in commercio e viene regalato a chi si iscrive alla Fondazione Onlus a lui intitolata, con la quale il fratello Marco e la famiglia promuovono la sicurezza stradale, il rispetto degli altri e delle regole. Ecco alcune testimonianze tratte dal volume.

Roberto Conti (il primo compagno di camera). "Portava il suo sorriso, trasmetteva la sua gioia, distribuiva la sua felicità anche nei giorni in cui le cose non andavano per il verso giusto. E ascoltava, osservava, chiedeva. E imparava. In fretta".

Orlando Maini (suo direttore sportivo). "Per me era e rimaneva il capitano: solo un vero capitano si impegna a vincere in corsa, ma anche fuori dalla corsa. La sera, quando a ciascun corridore dedicavo un momento di attenzione particolare, lui mi diceva: vedo quello lì che non sorride, vedo quello lì che non è contento, vedo quello lì che sembra avere un problema. Sapeva che il traguardo più importante è la felicità, o almeno la serenità, e un uomo felice o sereno diventa anche un corridore più forte".

Vincenzo Nibali (suo capitano). "Ci sentivamo quasi tutti i giorni, anche quando si correva per squadre diverse. Una telefonata, un messaggio, un vocale. Il giorno in cui cambiai telefono e dunque non ero più riconoscibile, dopo tutti gli scherzi che lui aveva fatto a me, finalmente ne feci uno io a lui. Chiesi a Xavi Moreno di aiutarmi. E lui, in un mezzo spagnolo e mezzo italiano, con tono minaccioso gli lasciò un vocale. Più o meno diceva così: va piano, se no te matamo el cocorito, el pappagallo. Michele impazziva perché non riusciva a capire chi fosse’".

Davide Cassani (ex ct della Nazionale). "Ogni volta che vengo chiamato a tenere discorsi motivazionali mostro le immagini della tappa di Risoul al Giro 2016 (quella in cui Scarponi in fuga si fermò, attese il suo leader Nibali e lo lanciò verso il successo finale, ndr). Michele illuminò il ruolo dell’uomo squadra, del capitano che si trasforma in gregario e fa la differenza’".

Silvio Martinello (campione olimpico, opinionista Rai). "Il giorno dopo la tappa di Risoul mi disse: ‘Ho ascoltato un po’ di telecronaca, tu avevi già capito che mi sarei fermato’. ‘Ho fatto un semplice ragionamento tattico, lo stesso che avrà fatto il tuo ds’, gli spiegai. ‘Gliel’ho suggerito io’, fece Michele. ‘Questo ti rende onore. Anzi, raddoppia il tuo onore, ma in tv non lo rivelerò’, gli confidai. Lo rivelo adesso che la cronaca diventa storia".

Adriano Malori (ex compagno). "Tour de San Luis 2016 in Argentina. In discesa a 70 all’ora salto per aria. Resto a terra, non vedo e non sento nulla. All’ospedale possono entrare solo i miei compagni, Capecchi e Scarponi no perché sono di un altro team. Fermare uno come Michele è impossibile. Così lui e Capecchi hanno girato l’angolo, hanno aspettato qualche minuto, si sono fatti prestare due magliette della mia squadra e sono riusciti a entrare. Sono rimasti davanti al letto in silenzio e piangevano, piangevano, piangevano. Ma io quelle lacrime non le ho viste: forse le ho sentite dentro, perché le emozioni superano ogni barriera, anche quella del coma farmacologico".

Nicola Savino (showman). "Nel 2016 mi faccio trascinare da Linus e altri sullo Stelvio. Mentre saliamo, conosco un ragazzo molto simpatico e col sorriso stampato in volto: Michele Scarponi. Il gruppo si sgrana, con me rimane tutto il tempo solo lui. Negli ultimi due chilometri mi tiene una mano sulla schiena e mi spinge. Ogni tanto mi sembra di sentire la sua voce che dice ‘Oh, datemi il cambio, mi fa male il braccio’".

Alan Marangoni (ex ciclista). "Il ciclismo di Scarponi, il ciclismo alla Scarponi, il ciclismo con Scarponi oggi è già un’utopia".